Marrone di Campora

Arca del Gusto
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Il Marrone di Campora è tipico delle frazioni Campora, Vezzano e Scurano del comune di Neviano degli Arduini (Pa), nella zona settentrionale del Monte Fuso. La pianta, di buona vigoria, è di grandi dimensioni e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. Il frutto è di forma ellissoidale, con ilo rettangolare e di medie dimensioni; il colore della buccia è marrone, mentre la polpa è bianca. Ogni riccio può contenere fino a tre frutti. La raccolta avviene nella seconda e nella terza decade di ottobre, con una produzione buona e abbastanza costante. La facilità di pelatura e la scarsa settatura dei frutti conferiscono a questo marrone un’elevata commerciabilità.

I principali usi tradizionali del marrone di Campora, oggi ancora praticati a livello familiare, sono l’essiccazione, la lessatura, la produzione di caldarroste e la conservazione sotto alcol. I frutti vengono anche utilizzati anche per realizzare una farina particolarmente adatta alla panificazione e prodotti trasformati come tortelli dolci e salati, marmellate, il castagnaccio, i marrons galcèes e il liquore di marroni.

L’area di produzione è caratterizzata da un’ottima esposizione a Nord, da un terrendo di arenaria di Ranzano finissima e da un clima continentale attenuato dall’altitudine che garantisce estati fresche e inverni miti. In passato, dopo la raccolta i marroni venivano conservati immergendoli in acqua fredda per nove giorni, cambiando l’acqua ogni tre; in questo modo i frutti non sani, essendo più leggeri, venivano a galla e potevano essere eliminati. Una volta terminato il periodo, i marroni venivano asciugati e conservati in luoghi freschi fino all’anno nuovo.

Non esistono fonti certe sulle origini di questa varietà, ma l’età secolare di alcuni castagni consente di ipotizzare la loro presenza sul territorio fin dai tempi antichi. Il primo forte impulso alla coltivazione in queste aree avvenne a partire dal Medioevo grazie a Matilde di Canossa (1046 – 1115) che ne comprese l’importanza per le comunità montane, sia dal punto di vista alimentare che economico. Secondo una leggenda, la stessa contessa Matilde fu una grande consumatrice di questi marroni. Tuttavia, come testimonia il Comizio Agrario di Arezzo Carlo Siemoni nel suo trattato “Del castagno, sua storia, sua coltivazione, sua varietà” (1870), tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo la castanicoltura era un’attività tenuta in grande considerazione ma che stava già dando i primi segni di declino. All’inizio del Novecento, il celebre agronomo Fabio Bocchialini testimonia nei suoi scritti (1913) un peggioramento nella cura dei castagneti e la tendenza a coltivare piante più semplici da gestire e più redditizie; inoltre, registra un notevole calo produttivo dovuto al mancato reimpianto di nuovi alberi e alla scarsa cura di quelli presenti. Nel 1913, il Marrone di Campore vinse la Medaglia d’Oro come miglior marrone a livello nazionale alla rassegna di Roma del Ministero dell’Agricoltura.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, molte famiglie in possesso dei preziosi castagni furono costrette per ragioni economiche a venderli come legna da ardere, causando così un ulteriore impoverimento delle aree coltivate con questa varietà. Tra il 1985 e il 1988 dall’“Indagine pomologica sulla locale varietà da frutto Marrone di Campora” emerse come la salvaguardia di questa coltura potesse costituire un importante tentativo per offrire condizioni di vita migliori e più dignitose alla residua popolazione montana degli appennini parmensi, a condizione di risolvere i problemi legati a questo tipo di coltivazione (soprattutto dal punto di vista fitosanitario). A conclusione dello studio è emerso che la varietà Marrone di Campora possiede interessanti caratteristiche pomologiche che consentirebbero un impiego commerciale maggiore. Nel 2004 è nato il Consorzio Volontario Forestale “Monte Fuso” proprio con il fine di tutelare, valorizzare e promuovere il Marrone di Campora e, grazie ad un censimento effettuato in questi stessi anni, sono state individuate circa 1000 piante fra i Comuni di Campora, Prada, S. Carlo, Scurano e Mediano.

A partire dagli anni Ottanta e Novanta, dunque, si è assistito ad un progressivo ed inesorabile abbandono del territorio montano e della coltivazione di questa varietà, situazione aggravata dalla presenza di un cancro corticale (Endothia parasitica) che affligge i castagni. L’età elevata e la condizione fitosanitaria della maggior parte degli alberi rimanenti indicano un pericolo evidente di conservazione della varietà, causato prevalentemente dalla scarsa cura dedicata in questi ultimi anni alla loro coltivazione; infatti, quasi tutti gli alberi, soprattutto i più antichi, necessitano di urgenti interventi di potatura. Oggi, il marrone di Campora viene consumato prevalentemente a livello familiare e nella zona di coltivazione, anche se da oltre quarant’anni, a fine ottobre viene organizzata la fiera del Marrone di Campora dove il prodotto può essere degustato in diverse ricette e preparazioni.

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Territorio

NazioneItalia
Regione

Emilia Romagna

Area di produzione:Campora

Altre informazioni

Categorie

Frutta fresca, secca e derivati