Anciennes Varietés de Millet des Landes
Le antiche varietà locali di miglio comune (Panicum miliaceum), sono caratterizzate dal vigore (gli steli raggiungono ben 2 m. di altezza a maturazione) si distinguono per il colore dei chicchi e per la propensione a crescere. La varietà a chicco rosso-bruno, proveniente dal Marensin (la costa meridionale delle Landes di Gascogne), produce esemplari che crescono molto, mentre quelli della varietà a chicco giallo-crema cresce meno. Le semine si effettuano dopo le ultime gelate di primavera. Sui suoli magri e sabbiosi delle Landes, le varietà antiche di miglio associano una scarsa necessità di acqua, nei tempi estivi aridi delle Landes, a una grande rusticità, oltre a offrire rendimenti non trascurabili in considerazione del contesto ambientale in cui crescono. Non richiedono infatti irrigazione. La raccolta in passato avveniva in ottobre, oggi in settembre. La coltivazione del miglio (milh nel dialetto guascone) è stata abbandonata una sessantina di anni fa nelle Landes di Gascogne, nonostante sia stata nei secoli , insieme alla segale, uno dei principali cereali destinato al consumo umano. Era già menzionata da Strabone (64 a.C.- 25 d.C.) come il cereale dei litorali dell’Aquitania. Una delle prime fonti che attesta la coltivazione del miglio comune nell’area delle Landes è riportata nel Liber rubeus (Libro rosso) o Cartulaire della cattedrale di Dax. Molti documenti menzionano esplicitamente nel XII secolo le quantità di miglio che costituivano il redditto e le donazioni destinati alla cattedrale. I luoghi di produzione allora segnalati per questo cereale sono situati nei paesi del litorale, da Soustons-en-Maremme, a Saint-Julien-dans-le-Born passando per il Marensin. La versione datata 1300 dei Costumi della viscontea di Maremme (signoria fondata intorno a Soustons che faceva riferimento a tutto l’attuale littorale meridionale delle Landes) enuncia il pagamento delle imposte annuali in natura sotto forma di quantità precise di miglio. A partire dal XVII secolo il mais inizia a sostituire il miglio nei campi e anche nelle preparazioni culinarie locali per ritirarsi sensibilmente da tutte le Landes nel XIX secolo. Il dipartimento rimane nonostante tutto nel 1909 quello in cui il miglio è più coltivato : il 38% delle superfici nazionali coltivate è qui, con più di 8000 ettari. Tuttavia prosegue il suo ripiego tra le due guerre. In qualce luogo del Marensin, dove sopravvive ancora negli anni ’30, il miglio non serve ad altro che a riempire gli spazi in cui il mais non cresce bene. Dopo il 1945, scompare del tutto. Oltre gli anni ’40 la sua coltivazione è praticata da alcuni cacciatori per attirare e ingrassare i volatili migratori. La farina di miglio comune era di consumo corrente nell’alimentazione antica dei Landesi. Insieme alla farina di segale era uno dei cereali più usati. La si miscelava con altre farine nella pasticceria e questa miscela in differenti proporzioni di farina di miglio comune, di miglio detto « degli uccelli » (una varietà coltivata per l’alimentazione dei volatili, la Setaria italica o milhada) e di farina di frumento : si chiamava mestauga. La ricetta più tradizionale era la cruchade, una sorta di polenta che, una volta figée poteva essere tagliata a fette e fritta, salata per accompagnare una salsa o altri piatti, zuccherata per diventare un dessert) : per numerosi secoli questo era l’alimento landese per eccellenza. Con la mestauga si preparavano anche due dolci, il millas e le miques. Recentemente si è ripresa la coltivazione per salvaguardare le varietà antiche, la produzione attuale è di pochi chili.
Torna all'archivio >La farine de millet commune était couramment consommée dans l’alimentation antique des Landes. La recette la plus traditionnelle était la cruchade, une sorte de polenta qui, une fois figée pouvait être coupée en morceaux puis frite et salée pour accompagner une sauce, ou pouvait être sucrée pour devenir un dessert : pendant de nombreux siècles, ce fut l’alimentation landaise par excellence. Á l’aide de la farine « mestauga », on peut préparer deux douceurs : le millas et les miques. Récemment, sa culture a été reprise pour sauvegarder les variétés antiques avec une production actuelle en petites quantités.
Cette espèce de millet est déjà mentionnée par Strabon (64 av J.C.- 25 ap. J.C.) comme la céréale du littoral aquitain. L’une des premières sources qui atteste de la culture du millet commun dans l’aire landaise est répertoriée dans le Liber rubeus (Livre rouge) ou Cartulaire de la cathédrale de Dax. Plusieurs documents y mentionnent explicitement au XIIème siècle des quantités de « milio » qui constituent certains revenus et donations destinés à la cathédrale. Les lieux de production alors signalés pour cette céréale sont tous situés dans les pays du littoral, de Soustons en Maremne à Saint-Julien dans le Born en passant par le Marensin. La version datée de 1300 des coutumes de la vicomté de Maremne (seigneurie établie autour de Soustons dont l’emprise territoriale se situe de nos jours sur le littoral méridional des Landes) énonce le paiement d’impôts annuels en nature sous la forme de quantités définies de « millet ». En 1789 le maïs a déjà rattrapé et dépassé le millet en superficie cultivée sur la paroisse de Soustons. Le millet recule sensiblement dans toutes les Landes au XIXème siècle. Le département demeure cependant en 1909 celui où les millets sont les plus cultivés en France. Il rassemble 38 % des surfaces nationales avec plus de 8000 hectares.
Néanmoins il poursuit son repli dans l’entre-deux-guerres. En quelques lieux du Marensin où il survit encore dans les années trente, le millet ne sert plus qu’à combler les espaces où le maïs a mal levé dans les champs. Après 1945, il disparaît totalement. Au delà des années quarante, sa présence ne subsiste plus qu’à travers l’usage que lui destinent certains chasseurs pour attirer et engraisser le petit gibier à plumes migrateur.
