Il moco è un legume molto particolare che, dopo vari studi, è stato ricondotto alla famiglia delle cicerchia (Lathyrus sativus). La pianta ha fiori bianchi con screziature azzurre rossastre e baccelli che contengono da uno a tre piccolissimi semi (4-6 mm) simili a sassolini, per la forma irregolare e il colore bianco o bruno marezzato.
Grazie ad alcuni ritrovamenti archeologici si ipotizza che il moco fosse coltivato nei terreni ricchi di tufo e cenge della Val Bormida già nell’Età del Bronzo (2000 a.C.). Le prime notizie scritte risalgono alla fine del ’700 e compaiono nell’Archivio di Stato della Repubblica di Genova. All’inizio del ’900 la coltivazione era diffusa fra i calanchi e le verdi vallate della ventilata Val Bormida, in particolare sulle alture di Cairo Montenotte e Cengio, tanto che gli abitanti di Rocchetta (frazione di Cengio) erano chiamati “mangia mochi”.
Il moco era l’alimento dei contadini, specialmente negli anni di carestia, perché in grado di garantire un importante apporto di nutrienti (proteine, fibre, amido, vitamine B, calcio e fosforo). Dopo la Seconda Guerra Mondiale, iniziò lo sviluppo industriale del territorio e un conseguente progressivo spopolamento delle campagne. I pochi agricoltori professionisti rimasti scelsero di produrre legumi dalle rese maggiori, che richiedono meno lavoro manuale, come piselli e fagioli.
La pianta del moco è rustica, tenace, cresce in terreni poveri, poco fertili, non patisce la siccità, resiste a basse temperature e non richiede trattamenti chimici per il controllo di malattie e parassiti. Si semina a mano il centesimo giorno dell’anno, nella prima metà di aprile. Dopo la fioritura – nella prima decade di giugno – e la formazione dei baccelli a metà luglio, si procede alla falciatura, che deve essere fatta nelle prime ore del mattino, prima che sorga il sole, per evitare l’apertura dei baccelli. Le piante sono quindi raggruppate in piccoli covoni che si appendono a essiccare all’ombra, su fienili o porticati arieggiati. La battitura si svolge la prima domenica dopo ferragosto e coincide con la festa del moco. Infine, le piante si trinciano e si usano come fertilizzante per i campi mentre i semi si selezionano accuratamente a mano e si confezionano.
Dopo un ammollo di ameno 24 ore, il moco è pronto per essere cucinato in zuppe, minestre e insalate. Il sapore estremamente delicato lo contraddistingue nettamente dalle cicerchie più comuni. Si usa anche per la produzione di farina, che viene macinata a pietra ed è ingrediente per dolci, paste, sfoglie, impanature e, in particolare, per due preparazioni tradizionali: la farinata cotta in forno a legna e la panissa fritta o tagliata a cubetti con pomodorini e cipollotti.
Stagionalità
Il moco si raccoglie tra la fine di luglio e i primi di agosto ed è reperibile tutto l’anno sotto forma di granella secca e farina.
Il Presidio riunisce piccole aziende agricole con l’obiettivo di riportare in vita un prodotto che potrebbe diventare un importante veicolo per la conoscenza di questo territorio e avere ricadute positive sull’economia locale e sull’ambiente: il moco è una pianta rustica che non prevede alcun trattamento chimico di sintesi e che, come tutti i legumi, contribuisce alla fertilità del suolo. Il Presidio opera per coinvolgere produttori nell’intero areale delle Valli della Bormida, in particolare giovani agricoltori.
Area di produzione
Comuni delle Valli della Bormida - in particolare, Cairo Montenotte, Cengio, Millesimo, Dego, Murialdo, Calizzano, Cosseria - in provincia di Savona.
Presidio sostenuto da
Fed Ex
Marco Bolla
Via Marchetta, 9
Cengio (Sv)
Tel. 333 256 5475
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Via Meucci, 19
Cengio (Sv)
Tel. 329 533 0569
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Maria Sandra Negro
Via Santera, 37
Cengio (Sv)
Tel. 333 3171588
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Sant’Anna
Corso Stalingrado, 103
Cairo Montenotte (Sv)
Tel. 328 8588103
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Referente dei produttori
Elvio Bonino
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