La fresa è un formaggio ovino tipico di Ittiri, un antico paese del Coros, un’unione di Comuni nel territorio nel Logudoro, tra Sassari e Alghero (nord-ovest della Sardegna). Il centro storico sorge su un altopiano di 450 metri circondato da vallate rocciose,rilievi montuosi (tra cui il più alto è il monte Torru), corsi d’acqua e laghi. In tutto il territorio si trovano numerosi nuraghi e domus de janas, le tombe prenuragiche scavate nella roccia, che in questa zona prendono il nome di coroneddo. E’ una zona agro-pastorale, nota per le coltivazioni orticole (in particolare quella del carciofo spinoso), i vigneti, gli oliveti e gli allevamenti di pecore.
A Ittiri, accanto al più rinomato pecorino sardo a pasta cruda, si produce la fresa, il cui nome deriva dal latino “fresus”, ossia schiacciato. Si tratta di un pecorino fresco unico nel suo genere perché, per via della pressatura, ha una forma cilindrica schiacciata, con un scalzo di pochi centimetri e un diametro di circa 20 cm. La pasta ha una leggera occhiatura, è morbida, bianca, contraddistinta da note di yogurt e macchia mediterranea, avvolta da una leggera crosta di colore paglierino che si sviluppa a seguito di un breve periodo di maturazione di circa 20 giorni.
Un tempo la fresa era prodotta in estate quando era più complesso produrre pecorini stagionati, perché la massa caseosa spesso sviluppava gonfiori a causa delle alte temperature. Il latte era trasformato dal pastore, solitamente già in campagna, e poi le donne di casa si prendevano cura della cagliata: controllare i tipici gonfiori, la pressavano con massi e mattoni.
Oggi la fresa si produce durante l’intero periodo di lattazione degli animali. Si lavora il latte crudo di due mungiture, si porta a 36-38°C e poi si aggiunge il caglio. Eventualmente si può integrare il siero-innesto: una coltura di batteri autoctoni ottenuta in azienda con il siero derivato dalla lavorazione del latte dei giorni precedenti. Dopo circa 30 minuti si rompe la cagliata in granuli non troppo fini e si estrae, avvolgendola in teli di cotone. Quindi si passa la massa sotto a una pressatrice per 5-6 ore, si sala in salamoia per altre 12 ore circa e si porta a maturazione, su assi in legno, rivoltandola per almeno due volte al giorno e asciugandola dal siero.
La fresa tradizionalmente si consuma fresca, accompagnata dal pane e dai prodotti dell’orto. Si presta a diversi usi gastronomici, ma può essere anche semplicemente scaldata in padella.
Stagionalità
La fresa di Ittiri si produce da febbraio a inizio agosto
Torna all'archivio >Slow Food è attiva da sempre per dare un futuro alla pastorizia sarda e lo fa creando nuovi Presìdi su formaggi legati al territorio che stanno rischiando di scomparire, come la Fresa di Ittiri.
Il Presidio nasce per salvaguardare uno dei pecorini freschi più particolari che esistano. Oggi è poco conosciuta, se non localmente, ed è prodotta da un numero esiguo di pastori che trasforma il proprio latte ovino intero e crudo, senza aggiungere fermenti selezionati, come vuole la tradizione. Slow Food vuole sostenere il lavoro di questi produttori che ogni giorno resistono alla concorrenza di medi e grandi caseifici che pastorizzano il latte e propongono ai consumatori pecorini a prezzi più bassi.
Il Presidio lavorerà per coinvolgere nuovi pastori, che dovranno attenersi al disciplinare di produzione: la tecnica di lavorazione deve essere quella tradizionale, l’allevamento di tipo semibrado e l’alimentazione si basa sul pascolo, mentre sono vietati insilati e mangimi che contengono OGM.
Area di produzione
Comune di Ittiri e comuni limitrofi (provincia di Sassari)
Supportato da
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Il Presidio della Fresa degli Ittiri è finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale del Terzo Settore e della Responsabilità Sociale delle Imprese – avviso n° 1/2018 “Slow Food in azione: le comunità protagoniste del cambiamento”, ai sensi dell’articolo 72 del codice del Terzo Settore, di cui al decreto legislativo n 117/2017