La regione in cui tradizionalmente si prepara il maxara (o mahara) si trova nel nord del paese, dove il clima è prevalentemente freddo. L’arrivo tardivo del calore rispetto alle regioni meridionali fa sì che le persone che vivono qui attendano con maggiore ansia l’arrivo della stagione calda. Per questo motivo, questo prodotto è preparato di più in primavera.
Il maxara è una specie di crêpe a forma di sole che si cuoce su una piastra rovente. La crêpe, i cui ingredienti principali sono la farina, il latte e le uova viene lasciata scivolare sulla piastra su cui cuoce, creando così delle frange e diventando, da cotta, simile ad un sole. Ogni maxara ha un di diametro 20-30 cm e uno spessore è di circa 0,3 cm. Ha un gusto e un profumo particolare rispetto alle comuni frittelle cotte in padella poiché si frigge con il grasso invece che con l’olio.
Gli ingredienti sono un litro di latte, un chilo di farina, 3 uova, mezzo litro di acqua, 250 g di zucchero a velo e mezzo cucchiaino di sale.
Si aggiunge alle uova sbattute lo zucchero a velo, poi il latte e la farina. Si mescola aggiungendo anche un pizzico di sale. Si allunga quanto serve con un poco di acqua e si versa il contenuto di una tazza su una piastra rovente, cuocendolo da entrambi i lati. Alla fine, l’aggiunta di miele rende questa crêpe più deliziosa. Se si cuoce in una padella normale non forma le frange come sulla piastra tradizionale.
Per fare un maxara perfetto è necessario avere una certa tecnica poiché la preparazione comporta una notevole destrezza manuale. I maxara vengono infatti filtrati fino ad ottenere una forma liquida e assumono la forma del sole grazie a una manualità speciale nel far scivolare sulla lastra rovente il composto.
Questo piatto appartiene alla cultura degli Avari caucasici, un gruppo etnico che vive in Azerbaijan e che lo preparava un tempo durante la “Cerimonia dell’alba”. Ha la forma del sole infatti perchè desideravano che il sole sorgesse dopo le piogge prolungate. Si cucinava anche durante le vacanze che segnavano l’arrivo della primavera. Mentre cucinavano il maxara, le nonne cantavano canzoni tradizionali intorno al fuoco.
Durante la cerimonia dell’alba, mentre il maxara veniva cucinato nelle case, alcuni bambini facevano un fantoccio con una scopa sulla quale avvolgevano una sciarpa e cantavano filastrocche.
Quando pioveva molto, le ragazze del villaggio andavano di porta in porta, portando con sè il fantoccio fatto con la scopa e la sciarpa e cantavano all’unisono canzoni che invitavano le persone a donare gli ingredienti per fare il maxara e invocare così il sole.
Questa festa di primavera si svolgeva accanto a un grande albero al quale si attaccavano le altalene e i bambini facevano a gara a chi ondeggiava e colpiva l’albero. Da un lato, le mogli cucinavano il maxara e, dall’altro i bambini giocavano. Poi veniva il mullah che benediva l’arrivo della primavera.
Il rischio di scomparsa del maxara è dovuto ai ritmi della vita moderna, alla difficoltà di cucinare con attrezzi che non possono essere usati nelle case moderne, e alla progressiva scomparsa di cerimonie come quella chiamata “dell’alba”.
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