Kalyanga è il nome che l’etnia Moré attribuisce ai piccoli frutti di una pianta selvatica che cresce nella brousse nel nord del paese (probabilmente la Capparis sepiaria, cioè il cappero selvatico), un’area che si sta desertificando rapidamente. Come tutti gli altri alberi del Sahel, anche l’albero che produce i kalyanga rischia di scomparire.
Simili a piccole olive verdi, i kalyanga sono raccolti nella stagione secca dalle donne più anziane che ne conoscono il valore alimentare e medicinale. Con un bastone scuotono il tronco della pianta spinosa e fanno cadere i piccoli frutti. La pianta è chiamata anche “albero della saggezza” perché solo le donne anziane ne cucinano i frutti. Prima di cucinarli si schiacciano i piccoli frutti e poi si fanno bollire con le piccole foglie verdi della pianta e il cuscus di panìco. Oltre al suo buon sapore, leggermente amarognolo, ha proprietà digestive.
I giovani non lo conoscono e non lo consumano. Si trova, ma solo raramente, nei piccoli mercati rurali.
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