Ampiamente diffusa in Nord Europa ed in Russia, il gulrófa o rutabaga, è una radice che deriva dall’incorcio tra la rapa ed il cavolo.
La parte superiore dell’ortaggio è violace, mentre il resto del prodotto è giallo; anche la polpa, dal gusto leggermente dolce, tende al colore giallo. La denominazione islandese si riferisce proprio a questa caratteristica (gulur significa giallo). Il sostantivo “rófa”, seppure derivato dal latino rapum, da cui viene “rapa”, si apparenta anche al danese “roe”.
In altre aree la rutabaga prende il nome di rapa svedese o rapa gialla, perché la più antica documentazione scritta relativa a questa pianta risale al 1620 ed è opera di un botanico svizzero convinto che la varietà crescesse allo stato brado nei climi della Svezia. Stando all’Istituto di lessicografia dell’Università dell’Islanda, la pianta è citata per la prima volta nel 1863 dalla rivista “Íslendingur” (L’Islandese). Citiamo un estratto di quel testo: “Il kohlrabi che cresce sottoterra, noto anche come cavolo rapa o rutabaga, produce radici più grandi della varietà che cresce sopra la superficie del terreno e resiste meglio al freddo. Sopravvive tranquillamente fino a temperature di 5 gradi sotto zero. Per questo gli islandesi hanno imparato ad apprezzarlo”.
Il patrimonio culinario islandese legato all’utilizzo della rutabaga è importante. Il gulrófa trova impiego nella tradizionale minestra islandese all’agnello e nella minestra di piselli spaccati con agnello salato: un piatto che moltissime famiglie preparano ogni anno in occasione dello sprengidagur, il Martedì Grasso. Ricca di vitamina C, viene talvolta soprannominata “l’arancia del Nord”. Di norma si semina direttamente in primavera, tra aprile e maggio, ma talvolta si fa germinare in serra e si trapianta in un secondo tempo, nei mesi estivi. Tra le varietà islandesi di rutabaga si possono citare il Ragnarsrófa, il Kálfafellsrófa e il Sandvíkurrófa, il cultivar di riferimento, di gran lunga la tipologia di rutabaga più diffusa in Islanda tra i “vige” norvegesi.
Nel corso degli ultimi due secoli le radici destinate al consumo umano sono state preparate in molti modi e le foglie sono state servite come verdura. Si stima che il consumo annuo di rutabaga, in Islanda, sia di circa 2,4 chili l’anno. Eppure quasi un terzo della produzione viene eliminata per ragioni legate a standard di peso.
Nel 2016 l’Accademia d’arte islandese ha condotto esperimenti sul potenziale della rutabaga nel quadro di uno studio sulla produzione di cibo locale.
Nell’ottica di un accrescimento di valore dei prodotti dell’orticoltura locale e nell’interesse di una riduzione degli sprechi alimentari si è scoperto che la rutabaga è molto indicata per la preparazione di sciroppi e vodka. La rutabaga si presta bene a venire coltivata nel clima islandese ed è una componente significativa del retaggio culinario nazionale, oltre a comportare buone opportunità per una produzione sostenibile di cibo su scala locale. Grazie al suo elevato tenore di vitamina C, ancora una volta, garantisce un indispensabile apporto di micronutrienti, a garanzia de benessere della popolazione.
Foto: Sölufélag Garðyrkjumanna
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