Valle del Belìce: casari, artigiani e cuochi per far ripartire l’economia e il turismo

Slow Food è ben lontano dalla celebrazione museale del patrimonio agroalimentare. Il nostro impegno è volto alla sua rivitalizzazione e alla sua messa in sicurezza dal rischio estinzione, ad esempio attraverso il nostro progetto dei Presìdi. Oggi vi raccontiamo della Valle del Belìce, dei formaggi che si producono in questa zona della Sicilia e dei progetti che abbiamo avviato in questo territorio.

In Italia esistono circa 60 mila aziende che vivono di pastorizia. Insieme, rappresentano una risorsa sociale, economica, ma anche ambientale: gestire correttamente pascoli e boschi significa prevenire e ridurre frane, valanghe, esondazioni, incendi. Eppure, nonostante l’immenso valore in termini di servizi per tutta la comunità, l’attività pastorale non è valorizzata, né sostenuta sufficientemente.

Nell’ultimo decennio sono andati perduti un milione di ovini. Soltanto le esportazioni di formaggio ovino sono crollate del 28% tra il 2017 e il 2018. Sono in caduta libera i consumi di carne ovina e di formaggi di pecora anche sul mercato interno, mentre paradossalmente continuano le importazioni di ovini (più di 980 mila ogni anno) e di carni (quasi 25 mila tonnellate l’anno).

valle del belìce

La vastedda e il pecorino siciliano

«La produzione di formaggi freschissimi e freschi in Sicilia avviene proprio tra la metà di febbraio e la fine di maggio: si tratta del 40% della produzione annuale. E il 70% è destinato alla ristorazione, alle attività turistiche, alle pasticcerie, tutte realtà che con le restrizioni hanno dovuto chiudere, con una ricaduta diretta sulla nostra possibilità di vendita. Abbiamo quindi dovuto privilegiare la produzione di formaggi stagionati, come il pecorino siciliano Dop e abbiamo addirittura congelato la ricotta» racconta Baldo Cucchiara, produttore di vastedda del Presidio Slow Food a Salemi, nel cuore della Valle del Belìce.

La vastedda è l’unico formaggio di pecora a pasta filata italiano. Proviene da una razza autoctona, la pecora del Belìce, che produce latte tutto l’anno, anche d’estate ed è tipico delle province di Trapani, Agrigento e Palermo. È un cacio fresco dal sapore dolce e dalla caratteristica forma a focaccia, ed è ottimo usato ad esempio anche nella pizza.

produzione vastedda

Il Presidio Slow Food della vastedda del Belìce è nato con un paio di produttori coordinati dal Corfilac di Ragusa e si è successivamente ampliato riunendo altri allevatori del Belìce. Da qualche anno è nato il Consorzio di tutela della vastedda della Valle del Belìce, che ha ottenuto per questo formaggio la Dop e che riunisce sette produttori, tre dei quali fanno parte del Presidio Slow Food.

La vastedda nasce dal tentativo dei casari di un tempo di recuperare i pecorini prodotti in estate, che andavano a male per le alte temperature dei mesi di luglio e agosto: «il pecorino e la vastedda sono due formaggi a latte crudo “cugini”, lavorati ancora artigianalmente» racconta Massimo Todaro, produttore della vastedda e presidente del Consorzio del pecorino siciliano Dop.

vastedda formaggio valle del belìce

Gli ultimi mesi nella Valle del Belìce

Vastedda, pecorino siciliano Dop e ricotta, tre fiori all’occhiello dell’arte casearia siciliana, stanno risentendo della crisi economica che tocca quest’anno la ristorazione e il turismo. Durante il lockdown la produzione si è quasi bloccata del tutto e anche nelle ultime settimane non ha ripreso ai soliti ritmi. Da inizio luglio i primi turisti hanno ricominciato a frequentare anche le province della Sicilia occidentale, ma si tratta di un turismo locale. L’aeroporto di Trapani, un grande punto di riferimento anche per i visitatori provenienti dall’estero, ha riaperto alcuni voli il 21 giugno, ma i flussi aerei non sono tornati del tutto alla normalità.

Nella comunità che fa riferimento a Slow Food, i legami tra produttori e ristoratori sono molto forti e tutti si danno una mano come possono. L’agriturismo Vultaggio a Guarrato è famoso per la sua cucina. Qui i due cuochi dell’Alleanza, Nino D’Ambrogio e Giuseppe Vultaggio, impiegano i prodotti locali (compresa la vastedda) nelle loro ricette e da quando hanno riaperto, nonostante le difficoltà, hanno ricominciato a dare un po’ di respiro ai produttori e artigiani locali.

E poi ci sono le pizzerie che hanno fatto della scelta degli ingredienti la loro carta d’identità: «Sono molte quelle che hanno adottato la vastedda al posto della mozzarella e la usano nelle loro creazioni» racconta Todaro «anche grazie al nostro progetto “Sicilia in pizza”, di cui fanno parte oltre settanta locali in tutta la Sicilia.»

produttore vastedda

Rafforzare la rete locale

La filiera ovina era già fragile prime del Covid-19. È quindi fondamentale affrontare l’emergenza, ma anche rafforzare tutto il sistema con un progetto di rete che coinvolga i produttori dei Presìdi, i cuochi dell’Alleanza, i ristoratori segnalati nella guida alle Osterie d’Italia e gli operatori del settore turistico.

Ma non solo: tutti gli attori della filiera devono giocare un ruolo decisivo. Il progetto di rete deve avvenire ad ampio spettro e coinvolgere anche le pasticcerie (che acquistano la ricotta per la cassata!), gli affinatori, i selezionatori, le botteghe, con l’obiettivo – in primis – di ravvivare il mercato regionale.

Al progetto di rete deve affiancarsi un progetto turistico che dovrà attrarre in quest’area appassionati di formaggi che vogliano scoprire la cultura casearia della Valle del Belìce ma anche la gastronomia siciliana legata alla pastorizia, i luoghi di produzione, le tecniche e le persone che conservano un mestiere secolare.
Molto importante sarà l’attività didattica di questo turismo esperienziale, dove i produttori potranno diventare educatori e animatori, che, come nei progetti educativi di Slow Food, permettono ad adulti e bambini di uscire fuori dalle aule e dalle sale di degustazione.

 

Ci sono due modi per sostenere le Comunità del cambiamento:

  • per i cittadini: donazione del 5xmille alla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus (CF 94105130481)
  • adesione al fondo per le Comunità del cambiamento:
    • per le aziende (e.margiaria@slowfood.it)
    • per le istituzioni e fondazioni (r.burdese@slowfood.it)

 

 

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