In tutto il mondo, decine di milioni di ettari sono stati ceduti negli ultimi anni a prezzi estremamente bassi per produrre colture alimentari per l’esportazione o biocarburanti, per estrarre risorse o per azioni sul mercato finanziario. E’ il fenomeno del land grabbing che sta seriamente minacciando l’ambiente, la sovranità alimentare e le stesse vite delle comunità locali. L’Uganda ne è un esempio e per questo la rete Slow Food, con l’aiuto della Fondazione Slow Food e Intesa Sanpaolo, si è attivata per sensibilizzare la popolazione.
“Preferirei morire piuttosto che diventare rifugiato nella mia stessa terra”. Inizia così il suo racconto Joseph Kkonde, uno degli agricoltori che vivono nel villaggio di Nkakwa Masuga, in Uganda centrale.
“Sono nato qui, come i miei genitori, – continua – e tutti i miei antenati sono sepolti qui. Sono un contadino da sempre, come gli altri membri della comunità. Coltivo cacao, vaniglia, banane bogoya, caffè e altre piante di varietà locali. Non so fare altro e non ho luoghi alternativi dove andare: posso solo resistere agli sgomberi forzati, alle minacce per difendere le nostre risorse e soprattutto alla fame. Sono ormai anni che siamo in questa condizione. Ogni mese arrivano investitori privati accompagnati da gente locale, spesso armata: vengono a visitare le nostre terre, a dirci che non dobbiamo coltivare o costruire case perché la terra non ci appartiene”.
Per oltre un decennio, l’Uganda è stato colpito dall’accaparramento delle terre: tutte le aree colpite sono famose per la loro ricca biodiversità tropicale, ma soprattutto per il loro ruolo fondamentale nella sovranità alimentare delle numerose comunità che le abitano. E gli accaparratori di terra sono noti per la violazione dei diritti territoriali della comunità, a cui negano l’accesso alle zone coltivabili, ai pascoli, all’acqua, alle foreste e ad altre risorse naturali. Inoltre, nelle aree ormai conquistate da monocolture di canna da zucchero o olio di palma, l’uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi rischia di compromettere in modo irreversibile non solo le coltivazioni autoctone, ma anche la salute delle comunità.
In un tale contesto, la Fondazione Slow Food per la Biodiversità e il Fondo per le donazioni sociali e culturali di beneficenza di Intesa Sanpaolo stanno lavorando per sviluppare la rete Slow Food nel paese, creando orti e Presìdi, avviando attività con le comunità del cibo e fornendo alla popolazione le corrette informazioni sul problema.
A gennaio, la rete Slow Food ha lanciato ufficialmente la campagna “Il nostro futuro è in pericolo: stop Land Grabbing!“, proprio per rafforzare la sensibilizzazione degli ugandesi e per stimolare il dibattito politico a tutti i livelli, dalla società civile alle autorità locali e al Parlamento. Un fumetto, Let’s expose Land Grabbing, racconta alcuni dei numerosi casi di land grabbing che hanno visto tra i protagonisti membri di Slow Food o progetti ad essi legati, come gli orti, i Presìdi, l’Arca del Gusto o i Mercati della Terra.
Grazie alle attività dell’associazione, sono stati organizzati numerosi incontri tra le comunità più a rischio e le autorità locali, soprattutto per facilitare la risoluzione dei conflissi. Lo scorso gennaio, proprio Joseph Kkonde ha guidato un gruppo di 65 produttori in un incontro con il Residential District Commissioner, Mr Fred Bamwine, a Buikwe, per far valere i diritti della loro comunità.
“Con il progetto di Slow Food – raccontano le tue agricoltrici Jannat Kyambadou e Fatuma Wamimbi – abbiamo la possibilità di imparare, di comprendere il valore della nostra terra e della nostra cultura e di avere gli strumenti per difenderla e coltivarla. E possiamo anche trasmettere tutta questa conoscenza e consapevolezza ai nostri figli: è importante non aspettare e farlo ora per assicurare loro un futuro dignitoso nel nostro paese!”
La situazione resta in ogni caso critica: nonostante i passi avanti con le istituzioni governative e le promesse strappate ai governanti locali, solo poche settimane fa le ruspe hanno nuovamente iniziato ad abbattere gli alberi della foresta nell’area della comunità di Bocovaco per far spazio all’ennesima piantagione di canna da zucchero.
“Non ci fermeremo, né ci faremo scoraggiare. La maggior parte degli ugandesi non conosce il problema del land grabbing fino a quando non ne diventa vittima. – ci ha spiegato Edie Mukiibi, agronomo e vicepresidente di Slow Food International – È nostro dovere sensibilizzare la popolazione e informarla su ciò che sta accadendo. L’accaparramento delle terre è una grande minaccia per i diritti delle persone e per la sovranità alimentare del nostro paese. Non possiamo restare a guardare!”
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Landgrabbing video
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