Se da Freetown, capitale della Sierra Leone, ci si sposta verso le province orientali, ci si ritroverà a percorrere itinerari sterrati che conducono verso il Gola Rainforest National Park, uno degli ultimi e preziosissimi angoli di foresta pluviale del paese. Fiumi e torrenti si alternano a villaggi dai tetti di paglia e lamiera dai colori vivaci, distese di risaie, piantagioni di palme da olio e di noce di cocco, piante di cacao e di caffè all’ombra di alberi di cola, mango e anacardo. Un territorio prezioso e difficile. Prezioso perché di questa foresta primaria ne resta solo più una piccola porzione: l’80% è stato compromesso da estrazione mineraria illegale, taglio di alberi abusivo e agricoltura su larga scala. Difficile perché è stato l’epicentro dei conflitti della guerra civile durata dal 1991 al 2002 nonchè una delle zone che dodici anni dopo è stata colpita dall’ebola.
Nell’area lavorano moltissime associazioni, tra cui Slow Food. Oggi comunità del cibo, orti, prodotti dell’Arca del Gusto, condotte e il Presidio della noce di Cola – da cui, da diversi anni, l’azienda piemontese Baladin acquista le noci per produrre l’omonima bibita analcolica – coinvolgono una rete di agricoltori e cittadini che lavorano per assicurare alle comunità un cibo buono, pulito e giusto. «La cola ha un grande significato per noi: è un simbolo di amicizia, di benvenuto e di amore. Secondo un riadattamento regionale del Corano la noce di cola fu inviata sulla terra da Dio stesso». Mustapha è insegnante volontario nel distretto di Kailahun e membro dell’associazione di produttori di cola. «Storicamente aveva il valore dell’oro e ancora oggi è sempre presente durante le cerimonie, nelle riconciliazioni o per siglare un accordo. Durante il Ramadan, ad esempio, prepariamo una bibita speciale a base di cola, zenzero, pepe e zucchero». La coltivazione della noce di cola è tradizionalmente legata alle popolazioni indigene Mende e Gola ed è utilizzata soprattutto nella preparazione di bevande energetiche, nella medicina tradizionale e per tingere tessuti.
Rinomata per il suo sapore e la consistenza, oggi grazie al lavoro di Slow Food la cola del Presidio è apprezzata sul mercato nazionale. E proprio un bicchiere della bibita tradizionale preparata con la cola ha accolto i visitatori dello stand di Slow Food Sierra Leone lo scorso dicembre 2018, a Kenema durante la fiera nazionale Agriculture Trade Fair. «È stato un bel momento per stare assieme, utile per la visibilità della rete Slow Food in Sierra Leone – ricorda Patrick Abu Mansaray, coordinatore nazionale Slow Food e presidente dell’associazione – Un’occasione per scambiare opinioni con altri agricoltori e commercianti, prendere contatti per partecipare alle prossime fiere».
Gli effetti del cambiamento climatico – intensificatisi negli ultimi anni – hanno diminuito e ritardato la produzione della cola ma il lavoro con Slow Food ha permesso di attivare collaborazioni con enti nazionali e di partecipare a nuovi eventi.
«Le donne sono principalmente coinvolte nel portare le noci di cola dalla foresta o dagli orti comunitari al villaggio dove saranno lavorate – spiega Fatmata Mansaray, tesoriere e contabile del Presidio – Sono responsabili nella fase di trasformazione e spesso sono incaricate di vendere il prodotto agli acquirenti provenienti dalle regioni limitrofe ma anche dal Mali, dalla Guinea e la Liberia». Il Presidio della noce di Cola coinvolge a oggi più̀ di 200 produttori e agricoltori provenienti da tre diverse Condotte Slow Food, riuniti dal 2012 in un’unica società con l’obiettivo di aumentare la propria produzione, sviluppare le tecniche di lavorazione delle noci di cola e ricevere un prezzo migliore sul mercato grazie alla qualità del loro prodotto.
Altre donne coprono ruoli di responsabilità nella comunità di agricoltori. Per esempio, in una delle condotte, a Gegbwema, il town chief è una donna ed è anche uno dei membri dell’associazione dei produttori di cola, così come Aminata Amara della condotta di Madina (Kailahun district) è socia Slow Food e coordinatrice di un ampio orto comunitario che porta il suo nome vicino al villaggio di Pejewa.
Aminata è una distinta signora dallo sguardo imperscrutabile che coordina una ventina di persone all’interno della grande area coltivata che attraversa risaie e piantagioni di palme. Quando Aminata pensa alle generazioni future dice: «La produzione della cola continuerà̀ a dare beneficio se saremo noi genitori a trasmettere la cultura della terra ai nostri figli. Con i soldi che ricaviamo dal commercio della cola riusciamo a pagare le spese scolastiche e anche quando il raccolto della cola è meno produttivo possiamo fare affidamento sugli altri prodotti dell’orto. Se noi insegneremo ai nostri ragazzi il modo giusto per fare crescere le piante e lavorare le noci di cola, avranno sicuramente più̀ opportunità̀ di guadagno da adulti. Anche quando noi non ci saremo più i nostri figli sapranno come fare».
Un messaggio di speranza, sempre.
Scritto in collaborazione con Rachele Villa
Collaboratrice di Slow Food i n Sierra Leone e autrice della tesi antropologica “Nelle Province Orientali della Sierra Leone: dinamiche di Conservazione e di Cooperazione sul territorio”