La riscossa di Torre Guaceto

I mesi di fermo hanno fatto bene alla riserva di Torre Guaceto e adesso bisogna lavorare alla sostenibilità economica per la comunità che la tutela.

«È stata davvero tosta per i pescatori, ma la chiusura totale dovuta al Covid-19 ha fatto bene alla riserva: dai primi dati si registra un aumento delle popolazioni ittiche, dovremo trarne insegnamento». Alessandro Ciccolella è il direttore della riserva marina di Torre Guaceto, una realtà straordinaria di cui non ci stanchiamo mai di parlare, esempio di collaborazione e armonia tra diversi soggetti che hanno un obiettivo comune: preservare questo paradiso e le specie che lo abitano, pescatori e agricoltori compresi.

Per far ciò, i pescatori riuniti nella cooperativa Emma, Slow Food (anche e soprattutto attraverso la Condotta Alto Salento) e il Consorzio di gestione di Torre Guaceto (costituito dai comuni di Carovigno, Brindisi e dal Wwf Italia) hanno unito le forze. Non è stato semplice mettere tutti insieme e i sacrifici non sono stati pochi, ma dopo i primi cinque anni di fermo, i pescatori hanno capito l’importanza di preservare l’area e la ricchezza che deriva dal rispetto delle risorse.

riserva torre guaceto

Gli interventi di Slow Food a Torre Guaceto

Negli anni l’intervento di Slow Food ha fatto sì che si costituissero due Presìdi, il primo in Italia dedicato alla pesca artigianale e quello del pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto, un progetto che funziona bene e produce reddito per i contadini.

Inoltre, Slow Food ha favorito la nascita dell’olio biologico della riserva, l’Oro del Parco, che proviene dagli olivi secolari: anche i contadini che lavoravano in convenzionale e raccoglievano le olive a terra ora hanno riconvertito le produzioni in biologico con vantaggi per reddito e ambiente.

Per quanto queste progettualità si siano rivelate proficue per tutti gli abitanti dell’aerea, le difficoltà non mancano e gli interventi necessari per ridurle non sono pochi. «Ad esempio i pescatori non hanno una banchina dove far approdare le barche, né un luogo per lo stoccaggio e la rivendita del pesce, né un furgone refrigerato per fare consegne» spiega Claudio Longo, presidente della Cooperativa Emma di cui fanno parte i sei pescatori riuniti nel Presidio. Anche gli olivi secolari sono difficili da gestire, perché sono più difficoltose sia la potatura sia la raccolta, e il batterio della xylella li sta letteralmente distruggendo.

pomodoro fiaschetto

Gli effetti dell’emergenza Covid-19 e i nuovi progetti

Con l’emergenza Covid-19 la situazione è precipitata: «I pescatori non hanno avuto modo di vendere il pesce alla banchina, di abbatterlo e stoccarlo, né di spedirlo, né di venderlo a domicilio. Ogni pescatore è un “armatore” (titolare di Partita Iva): in quanto tale non ha avuto diritto alla cassa integrazione, ma solo al contributo di 600 euro. Questi soldi sono serviti quasi completamente per acquistare il gasolio per le battute di pesca, ma non per coprire le altre uscite come il pagamento dei servizi mensili, bollette, mutui, manutenzione e riparazione delle barche, spese quotidiane di sussistenza» continua Claudio.

Ciononostante pescatori e contadini non si sono persi d’animo e intendono ripartire pur consapevoli degli insegnamenti dati dagli effetti del lockdown, proprio come gli amici del Mercato della Terra di Bergamo, di cui vi abbiamo raccontato la scorsa settimana.

Come il nuovo progetto che si concentra sulla gastronomia e che riguarda il punto di ristoro presente nel lido. «Il Covid ci ha costretti a rivedere l’attività di trasformazione dei prodotti» ci racconta Alessandro. Anche perché, aggiunge Marco Di Latte, produttore del pomodoro fiaschetto, oggi in piena fase di raccolta: «per fortuna non abbiamo assistito a un crollo totale, ma le vendite dei nostri trasformati hanno subito una flessione, che sentiamo ancora oggi, a causa della mancata richiesta della ristorazione».

pescatori torre guaceto

Ecco dunque che «quest’anno, nel punto ristoro del lido verranno utilizzati tutti i prodotti della riserva: il pomodoro certamente, ma anche l’Oro del Parco (l’olio bio), i caci della Comunità dei produttori di formaggi dell’Alto Salento. Novità di quest’anno è anche il cefalo sottolio, pescato nella riserva» spiega il direttore.
Anche in questo caso Slow Food ci ha messo lo zampino: «Pensate che nella riserva i pescatori possono pescare solo una volta alla settimana; mentre pescano fuori per tutto il resto del tempo. Lo scorso anno però è stata introdotta la pesca al cefalo. E così scorfano e triglia (popolazioni in sofferenza) sono pescati non ogni settimana ma ogni due, perché alternate al cefalo. Che proveremo a vendere trasformato e conservato grazie alle consulenze degli esperti Slow Food». il pesce fresco viene distribuito direttamente sul posto. Invece per i trasformati i pescatori si sono rivolti a Tonno Colimena di Avetrana (TA) (tutti i rivenditori sul loro sito).

Per quanto tutti gli attori della riserva si rimbocchino le maniche e lavorino con impegno e, per quanto la sostenibilità ambientale sia – pur con fatica – sempre più vicina, per raggiungere la piena sostenibilità economica della riserva è ancora necessario uno sforzo da parte di tutti. E anche nostro. Per questo rinnoviamo l’impegno di tutta Slow Food nel sostenere progettualità come queste.

 

Ci sono due modi per sostenere le Comunità del cambiamento:

  • per i cittadini: donazione del 5xmille alla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus (CF 94105130481)
  • adesione al fondo per le Comunità del cambiamento:
    • per le aziende (e.margiaria@slowfood.it)
    • per le istituzioni e fondazioni (r.burdese@slowfood.it)

 

 

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