L’origine di questa radice andina millenaria dal sapore di melone si perde nei meandri del passato preispanico. Nella lingua indigena (aimara) si chiama aricoma o aricuma, mentre in spagnolo ha parecchi nomi: yacón (da leggersi sciacón), arboloco, chicama, jiquimilla.
La sua coltivazione prevede tecniche e strumenti antichi, come la taclla, un attrezzo in legno rudimentale utilizzato già dagli Inca per arare. Dopo aver preparato il terreno, si sistemano i bulbi nei solchi tracciati.
Lo yacón si coltiva – in rotazione con mais o patate – in qualsiasi stagione, anche se sulle Ande centrali il periodo migliore va da agosto a settembre. La pianta è un arbusto dal tronco sottile con foglie verdi, che può raggiungere il metro e mezzo di altezza. La parte commestibile è sotto terra: le radici, infatti, una volta liberate dalla buccia color terra, regalano una polpa dolce e succosa, dalla consistenza simile a quella di una pera e di un colore giallo paglierino. Molto fragili, devono essere raccolte delicatamente e sistemate in luoghi freschi e bui, dove possono conservarsi per mesi, diventando sempre più dolci grazie alla trasformazione dell’amido (processo che può essere accelerato con l’esposizione al sole). La polpa si mangia cruda, ma prima si lascia al sole per diversi giorni (la buccia deve raggrinzirsi). La gente delle Quebradas la trasforma anche in succhi, confetture e gelatine. Con le foglie essiccate, inoltre, si prepara un tè particolarmente aromatico.
La coltivazione dello yacón richiede molta acqua e terreni ben concimati, per questo cresce bene nella zona sud della Quebrada de Humahuaca: i paesi più noti per questa produzione sono Barcena e Volcán. Il secondo, in particolare, era un centro importante di produzione e proprio qui i contadini offrivano le loro ceste di yacón ai passeggeri dei treni che venivano dal Nord: per lo più raccoglitori di canna da zucchero.
Area di produzione
San Salvador de Jujuy, Volcán e Barcena, provincia di Jujuy, Noroeste
Susana Martínez
Cooperativa de Productores de Yacón de Chorillos
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