Terza in ordine di grandezza tra le province afghane, Herat si trova nella parte occidentale del Paese. La città vanta un notevole patrimonio architettonico ed è stata per lungo tempo un importante centro scientifico e artistico con una ricca tradizione di musica, calligrafia, pittura, astronomia e filosofia. Herat da sempre è nota per la produzione di un’uvetta di straordinaria qualità e per le numerose varietà di uva coltivate da più di 500 anni (oltre 120). La storia dell’uva di Herat è avvolta dal mistero, ma si crede che già attorno al 2000 a.C. fosse coltivata da una popolazione nomade presente nell’Asia Centrale all’epoca. Prima che scoppiasse il conflitto russo-afghano nel 1979, l’uvetta abjosh di Herat copriva il 60% del mercato mondiale e rappresentava il principale prodotto agricolo del Paese. Di tutte quelle varietà, oggi ne restano 44, sette delle quali considerate di qualità superiore. Con l’aiuto dell’Università di Herat, il Presidio ne ha analizzate e catalogate 27, differenti per forma, colore, consistenza e utilizzo.
Particolarmente interessante è risultata essere la varietà di uva fakhery, che si trova solamente a Herat e Kandahar, e con la quale si produce l’uvetta abjosh. I grappoli dell’uva fakhery sono bianchi o di un colore rosa pallido e possono essere destinati al consumo fresco o all’essiccazione. La tecnica di coltivazione è la stessa di 500 anni fa, l’unica in grado di adattarsi perfettamente alle condizioni pedoclimatiche di Herat. Le viti sono collocate in trincee profonde circa 1 metro e larghe 60 centimetri, che si estendono da est verso ovest. I lati esposti a sud di ogni trincea devono essere poi leggermente abbassati per favorire un maggior apporto di luce alle viti che si sviluppano adagiandosi sul lato occidentale della trincea. Fertilizzanti e pesticidi naturali (come lo zolfo) sono usati solo occasionalmente e in piccole quantità. Grazie al clima caldo e soleggiato, tra agosto e settembre i grappoli sviluppano un’alta concentrazione di zuccheri, che può arrivare fino al 18%. Il raccolto si protrae per tre mesi, a partire dall’inizio di settembre.
Prima di iniziare la fase di essiccazione, gli acini sono immersi in acqua bollente per qualche istante, affinché si formino piccole fessurazioni sulla buccia senza intaccare l’acino interno. Questo procedimento si chiama abjosh (da cui il nome dell’uvetta) e ha il vantaggio di accorciare i tempi necessari per l’essiccazione degli acini, che vengono lasciati al sole per un massimo di sei giorni.
A differenza di altri tipi di uvetta essiccata al sole, la abjosh conserva un bel colore dorato chiaro e si mantiene morbida al tatto e in bocca. I chicchi sono larghi e oblunghi, con i semi ancora racchiusi all’interno.
31 produttori hanno lavorato insieme per definire il disciplinare di produzione e collaborano per rilanciare sul mercato locale e internazionale l’uvetta di Herat. In particolare, la Fondazione Slow Food per la Biodiversità ha avviato una collaborazione con l’Università di Herat e con il Perennial Horticulture Development Project (Phdp) di Kabul, un progetto che ha lo scopo di ripristinare le attività agricole del paese.
Area di produzione
Provincia di Herat
Partner Tecnici
Università di Herat
Perennial Horticulture Development Project
Università di Firenze
Mohiburahman Noorudin
tel. +93 729804037
mohebkhademi@yahoo.com
www.afghanistanhorticulture.org