La pastinaca di Capitignano è una radice simile alla carota ma di colore bianco crema e con intricate ramificazioni che ricordano lo zenzero. È un ecotipo locale che si è adattato bene al clima e al terreno di Capitignano, un piccolo comune che si trova a 900 metri di altitudine, nell’Alto Aterno, la parte più elevata di una valle che prende il nome dal fiume Aterno e che si trova a nord ovest di L’Aquila, al confine con il Lazio. Un territorio che in parte ricade nel Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Per la coltivazione della pastinaca serve un terreno ben drenato e poco sassoso. Si semina in primavera, quando il rischio di gelate tardive è superato. Per scongiurare i danni dovuti al freddo eccessivo, i contadini sono soliti coprire i terreni con della paglia. Dal mese di novembre fino all’inizio di marzo si procede con la raccolta, che si fa a mano. Si conserva assieme ad altri ortaggi oppure all’interno di cassette, mescolata a sabbia umida di fiume in un luogo buio, come la cantina. Ha un sapore unico, dolce e molto diverso da altri tipi di pastinaca, come quelle olandesi, ad esempio, che non hanno neppure la stessa forma ramificata.
A differenza di altre zone, dove è scomparsa da secoli, soppiantata dalle patate, a Capitignano la pastinaca è sopravvissuta grazie al suo stretto legame con le feste natalizie. Secondo la tradizione gastronomica del paese, infatti, il cenone della vigilia di Natale è a base di sette pietanze vegetali e una di queste è proprio la pastinaca, ripassata in padella con aglio, olio e peperoncino. Recentemente, a seguito della sua riscoperta, si stanno sperimentando anche diverse ricette innovative.
Stagionalità
Si raccoglie dal mese di novembre fino all’inizio di marzo
Area di produzione
Alto Aterno (provincia di L’Aquila)
Presidio sostenuto da
Gal Gran Sasso Velino
Giuseppe Commentucci
Tel. 340 3889340
lacanestra@libero.it
Responsabile Slow Food del Presidio
Silvia De Paulis
Tel. 348 1401957
silviadepaulis@yahoo.it