Il particolare nome di questa varietà deriva dal fatto che, per poter essere mangiate, le olive dovevano essere addolcite, ovvero “ndosse, curate nel ranno e poi nell’acqua pura” come spiegava il glottologo Gennaro Finamore nel Vocabolario abruzzese del 1880.
Le olive hanno frutto di forma ellittica con piccolo umbone (rilievo) apicale, dimensione media e un peso che oscilla intorno ai 3, 4 grammi. La tecnica di lavorazione delle olive da mensa, detta “sistema sivigliano”, prevede la fermentazione lattica: i frutti sono lavati diverse volte e poi posti a fermentare in una soluzione salina per una decina di giorni.
Le piante di intosso sono sparse qua e là, in alcuni comuni della fascia pedemontana della Maiella, ma in particolare caratterizzano il paesaggio agrario unico del piano di Laroma, nel comune di Casoli, un’area con terreni ricchi di ghiaia calcarea. Proprio qui, su questo altopiano di circa 300 ettari che sovrasta il paese, ai piedi della Maiella, la varietà intosso ha trovato il suo ambiente ideale. La pianta è di taglia piccola, sopporta bene la neve e il freddo invernale e si è adattata a vivere nei pochi centimetri di terreno sciolto che caratterizzano il pianoro, tanto che sotto i 350 metri di altitudine difficilmente riesce a produrre. Fino a pochi anni fa le olive che non raggiungevano le dimensioni ottimali, il cosiddetto sotto misura, venivano oleificate insieme ad altre varietà. Oggi, una parte importante del raccolto è invece trasformata in olio monovarietale e i risultati sono eccellenti. L’extravergine di intosso si caratterizza per un fruttato verde intenso di erba tagliata e carciofi appena raccolti. In bocca è potente, con l’amaro e il piccante in armonia, mai invadenti, e note di pepe verde, noce fresca e, in alcuni casi, foglia di pomodoro.
Stagionalità
Le olive per il consumo da tavola sono raccolte a partire dalla fine di settembre. A ottobre inoltrato si raccolgono le olive per la produzione di olio.
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