Pare che il Maiorchino abbia fatto la sua comparsa intorno al Seicento. Ancora oggi, a Carnevale, con le forme stagionate, nei comuni di Basicò e Novara di Sicilia (in provincia di Messina), si effettua la tradizionale ruzzola: i pastori gareggiano facendole rotolare lungo il pendio della via principale del paese.
Si produce da febbraio fino alle seconda decade di giugno (nelle annate migliori) in piccolissime quantità, lavorando latte crudo di pecora (con un’aggiunta del 20% circa di latte di capra e a volte anche fino a un 20% di latte di vacca) e unendo caglio in pasta di capretto o agnello. Gli animali sono allevati sui pascoli ricchi di essenze foraggere spontanee dei monti Peloritani. Le attrezzature sono tradizionali: caldaia di rame stagnato (quarara), bastone di legno (brocca), fascera di legno (garbua), tavoliere di legno (mastrello), asta di legno o ferro.
Dopo la rottura della cagliata in grani minuti e la cottura nella quarara, si colloca la pasta nelle fascere. Inizia a questo punto l’affascinante fase della foratura (o bucatura), per favorire la fuoriuscita del siero dalla pasta. Con un ago di ferro (il minacino) si forano le bolle d’aria che via via si formano nella pasta, pressando poi delicatamente con le mani la superficie del pecorino. Un’operazione lenta e paziente che può durare anche due ore e che viene ripetuta, se necessario, dopo una seconda cottura. Si sala a secco per 20, 30 giorni e infine si fa stagionare (fino a 24 mesi) in locali di pietra interrati, freschi e umidi, dotati di scaffali in legno.
Il maiorchino ha forma cilindrica a facce piane o lievemente concave, crosta giallo ambrato che diventa marrone con l’avanzare della stagionatura e una pasta bianca compatta tendente al paglierino. L’altezza dello scalzo è di 12 cm e il diametro di 35 cm, il peso va dai 10 ai 18 chili.
Stagionalità
Il maiorchino si produce da febbraio a giugno.
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Monti Peloritani, Provincia di Messina
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Il Maiorchino
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