La Val Saviore, ci troviamo nel territorio della Valle Camonica, è la valle laterale più vasta del Parco dell’Adamello. Molto interessante dal punto di vista naturalistico, si estende dalle zone di fondovalle di Cedegolo e Berzo Demo fino alle vette alpine del ghiacciaio e del monte Adamello e qui, seguendo ancora metodi di produzione tradizionale si produce un formaggio storico: il fatulì.
Il fatulì, che in dialetto significa “piccolo pezzo”, è un caprino molto particolare e raro, realizzato ancora da alcuni casari con il latte crudo proveniente da una razza originaria di queste zone, la capra bionda dell’Adamello.
L’area di origine e di diffusione di questa razza autoctona alpina è da sempre rappresentata dal massiccio dell’Adamello (in particolare della Valle di Saviore) e dalla Valle Canonica, di taglia medio-grande, la capra bionda dell’Adamello ha corpo robusto, agile e scattante e il mantello di tonalità variabile dal marrone chiaro al biondo. Il pelo sul ventre è bianco e si estende dal torace alla coda, fino alla parte interna delle cosce. Sulla testa l’animale presenta due caratteristiche striature bianche che si estendono dall’attacco delle orecchie al muso. Questa razza, che in passato era presente in modo molto più consistente, ha subito negli anni un rimescolamento genetico spesso legato alla scarsa attenzione che per anni ha caratterizzato l’allevamento caprino in alta montagna, perdendo quindi in parte le proprie caratteristiche e peculiarità. Negli ultimi anni però con il riconoscimento del rischio di estinzione, sono stati avviati vari progetti di recupero e di salvaguardia che hanno determinato un’inversione di tendenza significativa. Grazie a questi interventi infatti, la popolazione caprina di “bionda dell’Adamello” è cresciuta, in particolar modo in Valle Camonica dove ad oggi risultano iscritti al Registro Anagrafico Nazionale oltre il 50% dei circa 4000 capi registrati sul territorio italiano. La produzione di Fatulì tradizionale è strettamente legata all’utilizzo del latte di capra bionda e prevede che questo venga lavorato una volta al giorno. Dopo la mungitura viene riscaldato ad una temperatura di circa 34°C-37°C dopodichè si aggiunge il caglio. Dopo un breve riposo di circa 40 minuti, la cagliata che si è formata viene progressivamente e manualmente rotta con il caratteristico attrezzo, lo spino, fino a raggiungere le dimensione di un grano di mais, quindi viene riscaldato nuovamente e rimescolato per qualche minuto. Terminata la cottura la massa è sollevata e posta nelle fascere per permettere al siero di sgrondare e poter così procedere alla successiva fase della salatura. Le fascere hanno diametro di 10-14 centimetri e l’altezza delle forme è circa 4-6 centimetri con un peso complessivo che può variare dai 300 ai 500 grammi. Alcune fonti tramandate in modo orale poi, riportano come la motivazione originaria per le ridotte dimensioni di questo formaggio, fosse da attribuire all’abitudine degli allevatori di usare come fascera i piatti fondi utilizzati per le minestre. Una volta effettuata la salatura il fatulì è pronto per essere affumicato, tradizionalmente bruciando rami e bacche di ginepro, quindi si può procedere con la stagionatura che si protrae di solito per un periodo variabile da uno a 6 mesi. La forma tipica è cilindrica con le facce piane, la crosta risulta più o meno scura a seconda dell’affumicatura e presenta i caratteristici solchi lasciati dalla grata sulla quale il formaggio viene depositato in questa fase. La pasta, dalla consistenza elastica, si presenta poi di un bel colore che varia dal giallo paglierino al giallo intenso e generalmente risulta essere compatta o caratterizzata da una piccola occhiatura, i profumi sono intensi netti, dalle evidenti note affumicate ma anche da sentori erbacei e di frutta secca, lungo e corrispondente il gusto.
Stagionalità
Il periodo di produzione va da primavera a fine autunno.
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Valle Camonica (Provincia di Brescia).
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