Non fatevi ingannare dal nome, perché questa varietà di cavolo cresce tutt’altro che in collina, anzi. La sua zona di produzione è situata infatti in montagna, fra i 1100 e i 1330 metri di quota, all’interno del comune di Forni Avoltri, dove si trova la piccola frazione di Collina.
Nelle Alpi Carniche il clima è freddo e umido, la nebbia è frequente e le precipitazioni abbondanti. Nel villaggio di Collina, ai piedi del Monte Cogliàns, la cima più alta delle Alpi Carniche, le temperature sono basse, data la peculiare posizione geografica e la conformazione del territorio. Questo clima rigido favorisce la coltivazione del cavolo cappuccio, perché questa specie predilige un’elevata escursione termica notturna.
La coltivazione di questo ortaggio avviene su terreni terrazzati esposti a sud, e ha rivestito da sempre una grande importanza per la comunità: insieme a orzo e segale, era infatti una delle poche specie coltivabili nell’area. Il legame con il territorio è testimoniato dalla memoria degli abitanti della valle che ancora ricordano i cjapût, il nome dialettale della varietà, come una risorsa preziosa del territorio. I cavoli si vendevano bene nei mercati dei paesi circostanti e gli acquirenti arrivavano anche da zone lontane.
Il cavolo cappuccio di Collina è brachicefalo, ovvero ha una testa non sferica ma un po’ schiacciata e appiattita. Il diametro è di circa 20-30 cm e il peso di 1,5-2 kg. Le foglie sono sottili con venature rossastre evidenti, di colore bianco all’interno e verde chiaro all’esterno. In autunno quelle più esterne tendono a seccarsi, lasciando il cavolo ben pulito. La semina avviene entro il mese di maggio, in semenzaio. I semi, tramandati da generazioni, sono prodotti da alcuni coltivatori custodi. Dopo due mesi, le piantine sono pronte per esser trapiantate.
I cavoli maturano intorno alla fine di settembre: si raccolgono in modo scalare (quando le teste sono ben formate e compatte) e a mano, con un taglio al di sotto del pomo.
Mangiati freschi, hanno un gusto leggermente piccante e una consistenza croccante, ma c’è anche un’antica tradizione che prevede di trasformare i cavoli nei cosiddetti craut grap: cavoli fermentati con il sale, dal gradevole gusto acido. Eliminate le foglie esterne e il torsolo, il cavolo viene affettato in strisce sottili poste poi in un tino (chiamato brent) a strati alterni con il sale. Il tutto si lascia fermentare sotto un peso per un minimo di 45 giorni prima del consumo. I crauti possono conservarsi fino a due anni e si possono consumare sia crudi sia cotti.
Stagionalità
Si raccoglie tra fine settembre e fine ottobre
Torna all'archivio >Il Presidio nasce per promuovere il prodotto e il suo territorio, un’area marginale che custodisce notevoli risorse gastronomiche e naturalistiche. Il disciplinare di produzione del Presidio esclude il diserbo chimico e prevede una rotazione di almeno due anni (con un cereale vernino o con orticole come fave, patate novelle, cipolle, aglio e indivie).
Area di produzione
Frazione di Collina, Comune di Forni Avoltri, Provincia di Udine
Sostenuto da
Regione Friuli-Venezia Giulia
Andrea Collucci
Tel. 347 9249851
coopmont2018@libero.it
Referente Slow Food
Samuele Secchiero
Tel. 349 2235944
!samuele.secchiero@gmail.com|