Alaccia salata di Lampedusa

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Alaccia salata di Lampedusa

L’alaccia (Sardinella aurita) appartiene alla famiglia delle Clupeidae, come le aringhe, le sardine, le alose: assomiglia molto alla comune sardina ma è più tozza e più grande, può arrivare anche a 30 centimetri di lunghezza. Le squame sui fianchi sono bianco argento, sul dorso sono verde scuro; si distingue dalla sardina anche per la striscia dorata sui lati. Come tutto il pesce azzurro, ha carni molto digeribili, caratterizzate da un’alta concentrazione di grassi insaturi, in particolare di Omega 3, che svolgono effetti benefici per il cuore e la circolazione. Sono ricche di proteine e potassio, fosforo, sali minerali e vitamine. È presente in grandi banchi nel Mediterraneo meridionale e i pescatori del Canale di Sicilia la pescano in abbondanza. Un tempo era il principale sostentamento nelle lunghe battute di pesca dei lampedusani che, già alla fine dell’Ottocento si dedicavano principalmente alla redditizia pesca delle spugne. La consumavano fresca, oppure salata e conservata sottolio. La ricerca dei banchi di spugne durava anche tre mesi e spingeva le piccole flotte fino alle coste della Tunisia e della Libia: durante il viaggio le alacce conservate erano il pasto quotidiano.
Le alacce si pescano oggi come un tempo, con il cianciolo – una rete a circuizione che non danneggia i fondali come le reti a strascico – e la lampara. Si usano piccole imbarcazioni, al massimo di 22 metri che lasciano il porto nel tardo pomeriggio, al calar del sole. Fino agli anni Ottanta erano almeno una ventina le barche lampedusane usate per questa pesca, ora solo due, le altre sono state riconvertite e utilizzano le reti a strascico.
Il periodo della pesca delle alacce va da maggio a novembre e richiede mare calmo e notti buie: la luce della lampara attrae il plancton e quindi i pesci che lo cercano per cibarsene. Le imbarcazioni accerchiano il banco di pesce con la rete, che viene chiusa e issata a bordo. La rete ha maglie larghe due centimetri ed ha un diametro di circa 150 metri, serve per le alacce e per il pesce azzurro in genere. Il pesce viene immediatamente selezionato dopo la pesca e messo in cassette con il ghiaccio. Una volta tornati al porto viene subito pulito e messo sotto sale.
La ricetta tradizionale per la conservazione delle alacce prevede il riposo sotto sale per tre, quattro mesi circa; una volta estratte dal sale le alacce sono lavate con una salamoia e messe sott’olio in vasetti di vetro o in scatole di latta. Al bisogno si estraggono dall’olio e sono utilizzate per la preparazione di antipasti o per arricchire i sughi. Appena pescate si mangiano semplicemente fritte, come si usa nelle famiglie lampedusane.

Stagionalità

La pesca delle alacce si svolge da maggio a novembre, ma le alacce salate e poste sottolio sono reperibili tutto l’anno

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La pesca è l’attività principale di Lampedusa. Un settore florido fino a una decina di anni fa, insieme al turismo, favorito anche dalla presenza della riserva marina delle Isole Pelagie e della riserva naturale orientata dell’Isola di Lampedusa. Negli ultimi anni la crisi della pesca e i problemi legati ai ciclici sbarchi di immigrati dal nord Africa, hanno reso precari gli equilibri dell’isola. Nel Canale di Sicilia incrociano flotte da pesca provenienti da Mazara del Vallo, da Cipro, da Tripoli e da Tunisi, negli ultimi anni anche giapponesi (a caccia di pesci spada e tonni): una concorrenza spietata per un mare sempre più povero di pesce. L'aumento del carburante ha dato il colpo finale ai pescatori lampedusani. Spesso il pescato non ripaga il costo del personale e del gasolio per muovere barche sempre più grandi, acquistate negli ultimi anni grazie agli incentivi legati alle rottamazioni. Oggi solo più due famiglie di pescatori dell’isola hanno conservato piccole imbarcazioni e pescano con reti a circuizione entro dieci miglia dalla costa, una pesca sostenibile, come lo era la pesca di un tempo, che però non è in grado, agli attuali prezzi di mercato, di garantire un reddito adeguato ai pescatori.
Il Presidio vuole valorizzare la tradizione della piccola pesca e promuovere la conservazione delle alacce, un pesce povero che è disponibile ancora in grandi quantità. Obiettivo del Presidio è aiutare i pescatori a costruire un laboratorio che consenta loro di trasformare il pescato – metterlo cioè sottosale e, dopo alcuni mesi, sottolio - e rivenderlo per integrare lo scarso reddito della pesca.

Area di produzione
Isola di Lampedusa (provincia di Agrigento)

Presidio sostenuto da
Regione Sicilia
Responsabile Slow Food del Presidio
Massimo Brucato
Tel. 338 7387757
massimobrucato@alice.it

La pesca è l’attività principale di Lampedusa. Un settore florido fino a una decina di anni fa, insieme al turismo, favorito anche dalla presenza della riserva marina delle Isole Pelagie e della riserva naturale orientata dell’Isola di Lampedusa. Negli ultimi anni la crisi della pesca e i problemi legati ai ciclici sbarchi di immigrati dal nord Africa, hanno reso precari gli equilibri dell’isola. Nel Canale di Sicilia incrociano flotte da pesca provenienti da Mazara del Vallo, da Cipro, da Tripoli e da Tunisi, negli ultimi anni anche giapponesi (a caccia di pesci spada e tonni): una concorrenza spietata per un mare sempre più povero di pesce. L'aumento del carburante ha dato il colpo finale ai pescatori lampedusani. Spesso il pescato non ripaga il costo del personale e del gasolio per muovere barche sempre più grandi, acquistate negli ultimi anni grazie agli incentivi legati alle rottamazioni. Oggi solo più due famiglie di pescatori dell’isola hanno conservato piccole imbarcazioni e pescano con reti a circuizione entro dieci miglia dalla costa, una pesca sostenibile, come lo era la pesca di un tempo, che però non è in grado, agli attuali prezzi di mercato, di garantire un reddito adeguato ai pescatori.
Il Presidio vuole valorizzare la tradizione della piccola pesca e promuovere la conservazione delle alacce, un pesce povero che è disponibile ancora in grandi quantità. Obiettivo del Presidio è aiutare i pescatori a costruire un laboratorio che consenta loro di trasformare il pescato – metterlo cioè sottosale e, dopo alcuni mesi, sottolio - e rivenderlo per integrare lo scarso reddito della pesca.

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Responsabile Slow Food del Presidio
Massimo Brucato
Tel. 338 7387757
massimobrucato@alice.it

Territorio

NazioneItalia
RegioneSicilia

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