Nome: Paolo
Cognome: Betti
Origini: Trentino Doc (ma più che come il vino, come una birra di montagna)
Impiego: cuoco del rifugio Maranza
La mia idea di cucina è… una cucina in cui il menù lo detta la terra, non il cuoco.
Fonte d’ispirazione: le stagioni
Cosa ti muove? Il desiderio di far conoscere il territorio e i produttori intorno a me e la voglia innovare la mia cucina e scoprire tecniche, ricette e accostamenti nuovi che mi piacciano e mi stupiscano.
C’è un tipo di cucina in cui il cuoco non è il capo, lo chef; in cui i piatti e il menù sono determinati dalle stagioni e dalla terra. Questa è la cucina che propone Paolo Betti, cuoco del rifugio Maranza (Tn).
È con questa visione che, il 7 novembre, Paolo Betti è protagonista di It’s beer o’clock, il prossimo appuntamento di In Cucina con Slow Food, il ciclo di lezioni con i cuochi dell’Alleanza Slow Food. Durante l’incontro Paolo propone le ricette della tradizione trentina e svela le sue tecniche per un doppio uso della birra artigianale in cucina: come ingrediente e abbinamento.
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Uno studente modello… di cucina
Ma facciamo un passo indietro, a quando Paolo Betti è un tredicenne e ha già ben chiara la sua strada: diventare cuoco. Non ha dubbi. Per questo, finita la terza media, vorrebbe smettere di studiare. O meglio, vorrebbe iniziare a studiare per imparare il mestiere dei suoi sogni. Nella speranza di farlo desistere, il padre gli trova un impiego nella cucina di un ristorante di un castello bavarese, in Germania. L’esperienza non è semplice, anzi non piace affatto a Paolo, che torna da questi primi mesi di lavoro con una certezza in più: desidera ancora lavorare in cucina ma di certo non come lavapiatti, non è quella la sua strada.
Tornato in Trentino, trova subito un impiego in un ristorante. Inizia la gavetta come aiuto cuoco, la posizione che più gli permette di studiare e imparare ciò che desidera. Così cresce e fa carriera fino a diventare chef in un rinomato ristorante della zona di Trento.
Sembra aver realizzato il suo sogno. Fino a tredici anni fa, quando si ritrova, senza premeditazione, proprietario di un rifugio a mille metri d’altitudine. «Un mio amico mi propose di andare a vedere questo spazio all’asta. Dopo averlo accontentato gli dissi: “Neanche morto prenderei questo rifugio”. Sei mesi dopo il mio progetto per il recupero del rifugio era stato accettato e io ero il nuovo proprietario del locale» racconta Paolo divertito.
Sempre in quegli anni «conobbi, per caso, Slow Food e capii tutto – aggiunge –. Partecipai a una delle prime riunioni per l’avvio della Condotta Slow Food Valsugana Lagorai. In quel primo incontro ho riconosciuto il mio modo di pensare la cucina e ho capito che non ero solo. Sono entrato subito nel direttivo e oggi sono referente per il Trentino alto Adige dell’Alleanza Slow Food dei cuochi. Essere cuoco dell’Alleanza è un orgoglio e un onore per me».
Un rifugio per far conoscere la biodiversità
Oggi, grazie al rifugio Paolo è riuscito a realizzare il suo proposito: comunicare la sua terra attraverso il cibo. L’obiettivo è sempre stato quello di valorizzare i produttori e le produzioni locali servendole in tavola. Ma il progetto si è evoluto e, se prima si riforniva da produttori locali, oggi invece autoproduce tutto nel suo “orto sociale”, come lo definisce lui, gestito da ragazzi in situazioni disabilità e fragilità. Tuttavia, per dare ancora la possibilità ai produttori della zona di farsi conoscere, tutti i suoi menù si aprono con la lista dei fornitori.
«Che poi non sono fornitori – specifica –. Un vero cuoco dell’Alleanza non ha fornitori ma amici, perché si diventa parte della loro azienda per comprendere le loro fatiche e il loro lavoro e poi trasmetterle nel piatto. Se non si entra in connessione con gli agricoltori e gli allevatori non si può avere un reale ruolo di connettore tra il patrimonio di biodiversità locale e i clienti».
Comporre il menù non è compito del cuoco
Fare rete, insomma, per diffondere il buono, pulito e giusto. Non solo con allevatori, agricoltori e casari ma anche con gli altri cuochi dell’Alleanza. «Con il mio lavoro al rifugio, e insieme agli altri cuochi, sto cercando di cambiare il modo di pensare, di ribaltare il processo di creazione del menù. Il menù non lo decido io e nemmeno il contadino, ma lo decide la terra». Un esempio? «All’avvio di un progetto con la scuola alberghiera qui vicino mi hanno chiesto il menù perché potessero procurarmi le materie prime. La mia risposta è stata che non potevo fornirglielo, perché non ho un menù. Quindi ho chiamato tutti i produttori della zona e ho chiesto loro di presentarsi il lunedì successivo con la materia prima. Loro hanno chiesto cosa volessi e la mia risposta è stata: “il meglio che avrete lunedì”. Con ciò che è arrivato ho costruito il menù». L’abilità del cuoco per Paolo sta proprio in questo: essere capaci di realizzare i piatti con ciò che la natura mette a disposizione.
La birra come ingrediente
«In cucina mi piace la birra perché ha un principio zuccherino che dona una bella glassatura alle carni e si può anche giocare contrastando l’acido. Ma più che con la birra in sé, mi piace ancora di più usare lo scarto, come le trebbie, per fare il pane. L’elemento zuccherino aiuta a far lievitare il pane e la crusca a renderlo croccante. E poi così non si spreca nulla!».
E ogni occasione è buona per far conoscere ai clienti un po’ di Trentino. «La proposta di birre artigianali non è mai la stessa, le faccio ruotare per dare visibilità e spazio a tutti i birrifici trentini. Mentre alla spina servo la birra Dolomiti che, seppure realizzata in grandi quantitativi, si basa su un progetto di una cooperativa di contadini che producono orzo e luppolo italiani per la produzione».
In Cucina con Slow Food, a lezione con i cuochi dell’Alleanza
L’appuntamento con Paolo Betti è online lunedì 7 novembre alle 18. Seguono poi altri sei incontri con cuochi provenienti da diverse regioni italiane, un vero e proprio viaggio lungo la penisola alla scoperta di geografia, storia, sostenibilità, cucina vegetale, legumi e ricette antispreco.
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Per i più curiosi, ecco una ricetta direttamente dalla cucina del rifugio Maranza:
Guancia di manzo brasata alla birra
Ingredienti per 4 persone:
- 2 guance di Manzo
- 1 cipolla
- 1 gamba di sedano
- 1 anice stellato
- 1 pz pepe
- 1 pz sale aromatizzato alle erbette
- 2 cucchiai di farina bianca
- 1 cucchiaio amido di mais
- 2 birre gose
Procedimento:
Pulire le guance. Salare, pepare, infarinarle e farle rosolare in padella. In una casseruola rosolare le verdure. Aggiungere le guancette sfumare con la birra, aggiungere l’anice e portare a cottura molto lenta. A fine cottura estrarre le guancette, filtrare la salsa rimanente e legarla con un po’ di maizena.
Servire con una polentina di mais o di patate e delle verze brasate.