Buono e solidale: il panettone dell’Alleanza Slow Food dei cuochi

Era marzo del 2020: la Pasqua alle porte, ma poca – per usare un eufemismo – voglia di festeggiare. Il desiderio di allontanare dalla mente, almeno per un attimo, la sofferenza patita da milioni di persone, la voglia di immaginare qualcosa di bello, la forza di pensare al futuro, però, c’erano eccome. E ognuno le ha vissute a modo proprio. 

In quei giorni proprio in Lombardia, regione tra le più colpite dalla pandemia di Covid-19, a due ristoratori che fanno parte dell’Alleanza Slow Food dei cuochi venne un’idea: perché non mettersi a lavorare per sfornare una colomba pasquale buona, pulita e giusta, cioè perfettamente in linea con i princìpi dell’associazione della Chiocciola? Impossibile, però, trovare fornitori e materie prime in quelle settimane di chiusura e con tempi così ristretti. Il progetto, invece di finire nel calderone dei buoni propositi mai realizzati, nei mesi successivi sarebbe però tornato di attualità, ma sotto un’altra forma: non più la colomba simbolo della Pasqua, ma il panettone che per molti rappresenta l’imprescindibile dolce natalizio. 

Un anno, lo scorso, di rodaggio (con poche decine di pezzi sfornati dai due cuochi che per primi hanno pensato al progetto, Marco Locatelli del Rise Live Bistrot di Vimercate, in provincia di Monza-Brianza, e Andrea Zani di Qbio, a Sarezzo nel bresciano) per essere pronti in occasione del Natale di cui cominciamo a intravedere i contorni. 

Italiano e di filiera

«Come ci è venuta l’idea di realizzare il panettone dell’Alleanza Slow Food? Semplice, chiacchierando e confrontandoci: ci siamo resi conto che il panettone, pur essendo pensato e nato nel milanese e quindi con una forte impronta di italianità, molto spesso oggi finisce per essere un prodotto molto poco italiano» spiega Marco Locatelli. In che senso? «Che le farine arrivano dal Canada, il burro dal Nord Europa, l’uvetta dalla Turchia, la vaniglia dal Madagascar… La domanda è sorta spontanea: perché?»

La volontà alla base del panettone dell’Alleanza Slow Food dei cuochi, prosegue Locatelli, è invece quella di «creare un prodotto italiano e di filiera», dove con questo termine s’intende il rispetto di una serie di prerogative: «Naturalmente la qualità, ma anche un rapporto di conoscenza con i fornitori affinché possiamo avere la certezza che lavorino in modo etico. Vogliamo, in altre parole, creare una rete forte tra chi produce la materia prima e chi, in un secondo momento, il panettone».

Certo, le difficoltà ci sono: l’Italia non è il posto migliore dove coltivare la vaniglia e trovare il burro adatto al panettone non è immediato, così come non è semplice trovare l’uva passa giusta. «Il lavoro fatto nei mesi scorsi ci ha però già consentito di trovare i canditi migliori, mentre per quanto riguarda i tuorli delle uova abbiamo scelto di rivolgerci a un’azienda agricola piemontese che alimenta le galline con i prodotti che lei stessa produce, tra cui le nocciole» prosegue Locatelli. E, nei prossimi anni, il progetto è destinato a evolvere ulteriormente: «L’idea è coinvolgere i produttori di uva pizzutello laziale, Presidio Slow Food, e trovare le persone che si occupino dell’appassimento». 

Il gruppo si allarga

Nel frattempo, la voce si è sparsa e il gruppo di cuochi dell’Alleanza Slow Food lombarda coinvolti nel progetto panettone è cresciuto: oltre a Locatelli e Zani, oggi ne fanno parte anche Corrado Scaglione dell’Enosteria Lipen (a Triuggio, Monza-Brianza), Mattia Cantini della pizzeria Il Ciclone (a Lugana di Sirmione, Brescia), Matteo Girardelli di I Girardelli (Segrate, nel milanese) e Ivan Gorlani (oggi docente presso l’ente di formazione InChiostro di Soncino), coordinati da Claudio Rambelli, referente dell’Alleanza Slow Food dei cuochi per la Lombardia. Insieme hanno messo a punto un disciplinare di produzione, cioè le linee guida da seguire. «Lo chiamiamo il disciplinare del non, nel senso che non ci siamo dati norme sulla tecnica di produzione, perché vogliamo che ognuno di noi lasci la propria impronta da artigiano, ma su tutto ciò che non deve finire nei nostri panettoni: niente aromi sintetici, niente alcool, niente conservanti, niente lievito di birra» spiega Locatelli. 

Nel gruppo c’è chi di panettoni si occupa da una vita e chi invece vi si avvicina per la prima volta in questa occasione, con entusiasmo e voglia di imparare: «È impegnativo e serve una certa tecnica che si apprende con il tempo – ammette Andrea Zani -. Tra impasti, riposo, cottura e il famoso raffreddamento a testa in giù, per avere un panettone occorrono tre giorni di lavoro. Il primo che ho fatto? È passato qualche anno, ma ricordo bene la notte insonne per lavorare l’impasto… Oltretutto non sai come viene il panettone finché non lo sforni. Anzi, in realtà finché non lo assaggi!».

In sei, quindi, sarà anche più facile farsi compagnia nelle notti in cucina, mentre l’impasto cuoce nel forno: «Lo scorso anno, io e Andrea ci video-chiamavamo e scambiavamo foto e opinioni sulla cottura, oppure ci consigliavamo i film da guardare durante le pause di lavoro – conclude Marco -. Ci siamo fatti compagnia a distanza, l’ho vissuta come un’esperienza solidale». 

I panettoni dell’Alleanza Slow Food dei cuochi della Lombardia saranno acquistabili, a partire dall’inizio di dicembre, nei seguenti punti vendita: Qbio (Sarezzo, Brescia), Il Ciclone (Lugana di Sirmione, Brescia), Rise Live Bistrot (Vimercate, Monza-Brianza), Enosteria Lipen (Triuggio, Monza-Brianza). 

di Marco Gritti, m.gritti@slowfood.it

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