L’orto della pace di Kabalo, seme di speranza nella Repubblica Democratica del Congo

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è la nazione più grande del continente africano. Caratterizzato da una ricca biodiversità naturale e animale, ma anche dlla presenza di oltre 450 gruppi etnici, il paese è purtroppo scosso da molti conflitti armati. In tale contesto, la rete di Slow Food svolge un ruolo chiave nella lotta per la sovranità alimentare e la valorizzazione delle conoscenze locali.

 

Il gigante economico dell’Africa centrale

Il territorio della Repubblica Democratica del Congo vanta una ricca biodiversità grazie alla presenza di vaste foreste (il 47% della copertura forestale del continente africano) e di fiumi e laghi tra i più ricchi di specie ittiche al mondo. Detiene anche le prime riserve mondiali di coltan e alcune tra le più grandi miniere di rame, minerali essenziali per la fabbricazione di dispositivi elettronici. La ricchezza dei suoi territori rende il paese un luogo strategico per le industrie di tutto il mondo, ma in molte aree lo sfruttamento delle risorse è controllato da gruppi armati (Mai-Mai, FDLR, LRA, ADF NALU per nominarne alcuni) che monopolizzano i redditi e alimentano la violenza contro il popolo e tra le diverse etnie.

Proprio per questo, molte aree sono vittima di sanguinosi conflitti. Le province più colpite sono il Kivu settentrionale e meridionale, il Kasai (Congo centrale) e il Tanganica (Congo centro-orientale). Le comunità rurali e le popolazioni indigene sono le principali vittime: i territori sono sistematicamente saccheggiati e sta crescendo l’insicurezza alimentare. Inoltre, in queste zone, il conflitto interetnico tra Twa (Pigmei) e Luba (Bantu) persiste dall’aprile 2016 e ha prodotto, solo in Tanganica, oltre 654.000 sfollati, tra cui 62.4. % sono bambini di età compresa tra 0 e 18 anni, ospitati in circa 17 campi.

L’orto comunitario della pace

In questo contesto Slow Food è un seme di speranza. Circa 20 condotte organizzano attività e portano avanti progetti a tutela della biodiversità. In particolare, la condotta della città di Tanganyika, sulle rive dell’omonimo lago, è attiva nella campagna Slow Fish e nel progetto dei 10.000 orti in Africa.

“Gli orti di Slow Food sono portatori di un messaggio di unità, pacificazione sociale e sviluppo”, spiega Jean-Pierre Kapalay, fiduciario della condotta. “L’orto comunitario della pace della comunità di Kabalo nella provincia di Tanganica è un buon esempio.

Nella zona, infatti, il conflitto tra Bantu e Pigmei è molto aspro, ma, allo stesso tempo, grazie alle attività di Slow Food, 21 Bantu e 5 Pigmei coltivano insieme l’orto e distribuiscono le verdure locali.

“L’orto è utile per diversificare la dieta, ma anche per la pacificazione tra le due comunità in conflitto. Gli orti comunitari sono una scuola per imparare a vivere, lavorare insieme e condividere i risultati. Lavorare insieme – continua Jean-Pierre Kapalay – implica un dono di sé per la soddisfazione dell’altro. È amare, sopportare le stesse prove in solidarietà, seminare la stessa speranza e condividere la gioia del raccolto. Produrre insieme cibo e consumare i frutti della fatica condivisa implicano un riavvicinamento e un patto di tacita amicizia. Slow Food Tanganyika porta un messaggio di pace, coesione, socializzazione e convivenza pacifica tra le comunità. Abbiamo anche ricevuto il premio Byungsoo da Slow Food Corea che abbiamo deciso di usare per sostenere il lavoro dell’orto della pace. L’obiettivo ora è costruire altri orti comunitari per diffondere sempre più il nostro messaggio di pace”.

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Slow Food nella Repubblica Democratica del Congo

Slow Food è presente in Repubblica Democratica del Congo dal 2004, ma solo nel 2011 è stato ufficializzato il lavoro delle diverse comunità del cibo e sono nati i primi 6 Convivia. Oggi, esiste un Coordinamento di 20 Convivia (gruppi locali), impegnati in particolare su due progetti: gli orti comunitari e l’Arca del Gusto (catalogo dei prodotti tradizionali). Dal 2017, il leader del convivium di Goma, Nicolas Mushumbi, è stato eletto Consigliere Internazionale di Slow Food, in rappresentanza delle popolazioni indigene.

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