Nome: Caterina
Cognome: Alberoni
Origini: napoletane
Città d’adozione: Trieste
Impiego: pizzaiola, ma anche cuoca e pasticcera. In cucina non mi piace impormi confini.
Segni particolari: doppia anima, napoletana e friulana
Presidio Slow Food preferito: [ndr: ci pensa un po’] Forse la Pitina ma non è facile scegliere. Mi piacciono molto anche le papaccelle, le alici di Menaica e il miele di Marasca. Impossibile selezionare un solo Presidio, ne uso tantissimi e sono tutti ottimi prodotti.
Se fossi una pizza sarei: la pizza con la parmigiana, perché impiego molta cura e impegno nella sua preparazione. Per farla non uso solo alcuni ingredienti ma preparo un’intera parmigiana a parte e poi la metto sulla pizza. I clienti l’apprezzano molto (e ci credo).
Fonte d’ispirazione: la cucina napoletana
Sangue partenopeo, trapiantata a Trieste da giovanissima, Caterina Alberoni, cuoca dell’Alleanza Slow Food, è simbolo di quella cultura italiana che si fonda nelle radici del luogo di provenienza per arricchirsi delle conoscenze di quello di arrivo. La sua pizza è napoletana, ma sopra quel cerchio di impasto si incontrano la Campania e il Friuli-Venezia Giulia.
Domenica 27 novembre la cuoca e pizzaiola è protagonista di Una pizza in compagnia!, il prossimo appuntamento di In Cucina con Slow Food, il ciclo di lezioni con i cuochi dell’Alleanza Slow Food.
Durante l’incontro Caterina spiega come replicare la sua pizza napoletana e ottenere un impasto elastico, ben lievitato con ottimi risultati anche nel forno casalingo.
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Una famiglia, due tradizioni
Prima però, conosciamola meglio. Caterina nasce a Napoli e cresce tra la farina e il bancone della pizzeria del nonno. Negli anni Ottanta, al padre viene offerto un posto come pizzaiolo in una delle prime pizzerie di Trieste e la famiglia si trasferisce in Friuli-Venezia Giulia. Lei, piccola testimone delle fatiche di un pizzaiolo, crescendo decide di intraprendere una strada diversa e studiare ragioneria. Ma il richiamo è forte, la pizza è il pane quotidiano della sua famiglia da generazioni. In casa entrambi i genitori, figli di pizzaioli, discutono su quale sia la vera pizza napoletana. «A Napoli ci sono due scuole di pensiero – racconta Caterina -: la pizza piccola con il cornicione alto, tipica della formazione di mio padre, e la pizza a ruota di carro, più larga e con meno cornicione, propria invece della scuola di mio nonno materno, Sorbillo (sì, proprio quel Sorbillo), e di mia madre. Nella mia famiglia queste due tradizioni hanno sempre coesistito e i miei genitori non hanno mai trovato un accordo su quale stile fosse meglio dell’altro». Forse perché non si tratta di migliore o peggiore, ma semplicemente di diverso!
Nel 2009, dopo una vita da pizzaiolo nelle pizzerie di altri, il padre di Caterina raggiunge la pensione senza riuscire a realizzare il sogno di una vita: aprire un locale tutto suo. Dispiaciuta dalla delusione del padre, Caterina raccoglie tutto il suo coraggio e decide di abbandonare il suo lavoro da ragioniera per aprire la sua pizzeria, Al cavallino, a Gorizia (oggi a Trieste). L’obiettivo ce l’ha ben chiaro: «Desideravo portare l’autentica pizza napoletana a Gorizia».
A questo punto una curiosità mi attanaglia: la pizza per Caterina è a ruota di carro o ha il cornicione spesso? «È una via di mezzo. Tende alla ruota di carro perché in questo modo l’impasto cuoce meglio ed è più apprezzato. Questa non è la scelta più semplice: stendere l’impasto richiede più abilità e tempo. Ma il risultato soddisfa sia me sia i miei ospiti».
È questo il carattere distintivo della pizzaiola: in lei gli aspetti lontani e opposti trovano un punto d’incontro. Come l’eterna contesa tra i due stili di pizza, anche le sue due regioni si incontrano nel forno a legna del suo ristornate. «Credo sia un valore di chi si sposta dal proprio luogo di origine, l’apertura a sperimentare nuovi connubi, a integrare ricette di tradizioni lontane e far incontrare ingredienti di origini diverse. Con quest’ampia scelta, pensare le proposte per il menù diventa anche più facile, oltre che divertente: se non mi fossi mai trasferita non avrei conosciuto nuovi ingredienti, che invece sono ottimi sulle pizze. Ad esempio, adoro l’abbinamento del prosciutto cotto con l’osso tagliato a mano, tipico di qui, con la scamorza di Agerola. Il risultato è davvero eccezionale».
L’autentica pizza napoletana in casa: si può fare?
Se vi state chiedendo se sia possibile realizzare la pizza di Caterina anche in casa, senza attrezzature professionali, la risposta è sì. L’abbiamo chiesto personalmente alla cuoca.
Se avete in mente di partecipare sarete felici di sapere che le preparazioni saranno ben due, molto diverse tra loro. Durante l’appuntamento Una pizza in compagnia, Caterina proporrà la pizza di sua nonna materna, la Montanara con scarola e burrata. Già, in una famiglia come la sua ogni pizza ha radici ben piantate nelle generazioni familiari, oltre a un aneddoto legato a un parente.
«La montanara è la pizza di mia nonna perché nella pizzeria di mio nonno Sorbillo, come in tutte le pizzerie dell’epoca, le donne non potevano lavorare alla vista del pubblico, dove si trovava il forno. Quindi lei restava dietro in cucina a preparare le pizze fritte, le montanare».
La seconda preparazione è poi una Pizza in teglia con San Daniele e miele di Marasca. «Questa l’ho pensata proprio perché si possa realizzare nel forno di casa e gustare nei momenti di convivialità. Inoltre, il San Daniele si sposa benissimo con il miele di Marasca, che è entrato da poco nella famiglia dei Presìdi Slow Food friulani».
In Cucina con Slow Food, a lezione con i cuochi dell’Alleanza
L’appuntamento con Una pizza in compagnia è online domenica 27 novembre alle 11. In abbinamento riceverete a casa il kit con le birre artigianali selezionate dall’esperto degustatore Lorenzo Bossi di QBA.
Seguono poi altri cinque incontri con cuochi provenienti da diverse regioni italiane, un vero e proprio viaggio lungo la penisola alla scoperta di geografia, storia, sostenibilità, cucina vegetale, legumi e ricette antispreco.
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