Il vero prezzo del caffè in Guatemala

Di Lucía Rivera Lima 

In Guatemala il caffè è una delle principali esportazioni agricole e il Paese si colloca fra i primi dieci esportatori al mondo di questo prodotto. Come si è arrivati a questa situazione e cosa dobbiamo sapere sulla sua storia?

Tutto inizia con l’esproprio

vero prezzo del caffè in GuatemalaLa pianta del caffè arriva in Guatemala intorno al ‘700. Alla fine del secolo successivo ha già rivoluzionato l’economia nazionale, guadagnando uno status che mantiene da allora. Questo processo inizia dopo la Rivoluzione Liberale del 1871, quando il nuovo governo punta a trasformare il caffè nella principale coltura d’esportazione del Paese. 

Per realizzare questo obiettivo, era necessario cambiare radicalmente la struttura coloniale della proprietà terriera. I terreni delle popolazioni indigene, quelli comunali e le terre della Chiesa vengono tutti espropriati e venduti a basso prezzo per creare nuovi latifondi per la coltivazione del caffè. Si forma così una nuova classe di potenti proprietari terrieri, i finqueros, che nelle loro tenute iniziano a sfruttare il lavoro forzato dei popoli indigeni espropriati.

Il lavoro assume due forme: la prima è il “colonato”, un sistema semi-feudale in base al quale gli espropriati possono continuare a vivere nelle loro vecchie terre a patto di lavorarle gratuitamente per i nuovi proprietari. La seconda forma è il lavoro stagionale obbligatorio, che costringe i contadini a lavorare in periodo di raccolto come operai a giornata. I contadini poveri iniziano così un ciclo annuale di migrazioni stagionali, poiché non possedendo terre sono costretti a spostarsi e a lavorare tra i latifondi.

Debito e migrazione

Una caratteristica importante di questi rapporti di lavoro è il debito. I lavoratori a giornata sono indebitati con le fincas, le aziende agricole, quindi sono costretti a lavorare in modo che il loro debito gli venga direttamente sottratto dalla paga. 

Questa situazione si è protratta fino al 1934, quando la Legge sul Vagabondaggio (Ley de Vacancia, 1996) ha proibito il trattenimento dei lavoratori a giornata nelle fattorie per debito, ma ha permesso il loro trattenimento per vagabondaggio se non potevano dimostrare di aver lavorato almeno 100 giorni all’anno nell’azienda agricola, oltre ad altri requisiti simili.

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Un sistema che persiste ancora oggi

La migrazione ciclica persiste ancora oggi: i lavoratori a giornata, da soli o con le loro famiglie, continuano a spostarsi per trovare lavoro nella raccolta del caffè in condizioni precarie (ne parlavamo in questo articolo). Sebbene non siano più obbligati per legge a farlo, la necessità economica mantiene quasi intatto il sistema: un modello di produzione agricola basato sullo sfruttamento, creato nel XIX secolo a beneficio dei grandi proprietari terrieri. E le migrazioni stagionali non sono limitate al Guatemala: i lavoratori poveri si spostano anche in Honduras, Messico e altri Paesi per trovare impiego.

La scarsità di terra si è aggravata nel tempo con l’espansione di enormi piantagioni di caffè, banane, canna da zucchero e olio di palma nelle pianure. In molte zone del Paese, un gran numero di famiglie vive ancora sotto forma di colonato. Questo sistema ha avuto un impatto enorme sullo sviluppo della società guatemalteca in generale.

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Facciamo il punto sulla storia

Conoscere la storia del caffè che beviamo e, in generale, dei prodotti che consumiamo, può lasciare un sapore amaro, ma la consapevolezza dell’ingiustizia che c’è dietro dovrebbe spronarci a pretendere una maggiore equità all’interno della filiera.

Riconoscere il vero prezzo del caffè (al di là delle certificazioni, che sia “biologico” o addirittura “specialty”) significa riconoscere che dietro ogni tazza di caffè che beviamo ci sono le vite e le lotte di lavoratori, spesso invisibili.

Quello che possiamo fare noi come consumatori è assumerci la responsabilità di sapere da dove proviene il nostro caffè, chi lo ha prodotto e come. Più ci informiamo, più saremo in grado di fare scelte consapevoli e rispettose di tutti gli attori della filiera, prediligendo un caffè più buono, più pulito e più giusto.

Slow Food, per prima, si è data l’obiettivo di creare conoscenza e valore. La Slow Food Coffee Coalition è una rete internazionale, aperta e collaborativa, che riunisce tutti i partecipanti coinvolti nella filiera del caffè, dai coltivatori ai consumatori, che pensano e agiscono in modo collaborativo verso l’obiettivo comune di un caffè buono, pulito e giusto per tutti, a partire dal chicco e da chi lo coltiva. L’obiettivo è quello di creare connessioni e migliorare il rapporto tra produttori e consumatori, dando potere ai coltivatori, aumentando la loro visibilità e promuovendo l’identità e la conoscenza del caffè.

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