Il miele, data la sua capacità di conservarsi a lungo, è sempre stato la principale fonte di nutrimento per la tribù degli Ogiek in Kenya durante i periodi di siccità, carestia o altre calamità.
Oltre a essere un alimento di base, ha un ruolo culturale importante: era barattato con le comunità vicine e portato in dono come dote nuziale (la famiglia della sposa doveva riceverne almeno un debe, un contenitore da 30 chili). Il miele era così prezioso che non tutti potevano occuparsi della produzione e, di fronte a un nuovo alveare, bisognava dimostrare di essere persone dal cuore puro, che non avrebbero influito in modo negativo sull’alveare stesso o sul miele.
Fin dall’inizio del Novecento la foresta Mau, in cui vivono circa 35.000 membri della comunità Ogiek, è stata oggetto di sistematico degrado e distruzione da parte dei coloni inglesi, che la sfruttavano per ricavarne legname per le macchine a vapore. A partire dagli anni Ottanta, invece, il diboscamento si è esteso a macchia d’olio per far spazio a piantagioni di tè e fiori, miniere di carbone e silvicoltura. Negli ultimi vent’anni, è stato distrutto il 60% della foresta.
Il Presidio Slow Food del miele degli Ogiek è nato per proteggere l’ecosistema della foresta Mau e valorizzare la cultura ancestrale di questa comunità attraverso il miele, il suo prodotto più importante. La cooperativa Macodev (Mariashoni Community Development), un’organizzazione su base comunitaria che riunisce 12 gruppi di apicoltori, lavora per aumentare la produzione, differenziare le varietà di miele, migliorare il packaging e promuovere la vendita presso negozi, ristoranti e hotel.
Slow Food di recente ha intervistato alcuni produttori del Presidio del miele degli Ogiek.
Quali sono i principali cambiamenti avvenuti dalla nascita del Presidio?
Prima che il Presidio nascesse nel 2015, il miele era prodotto principalmente per uso domestico e impiegato come merce di scambio con le comunità vicine; solo una piccola quantità era destinata alla vendita. La nascita della cooperativa Macodev, perciò, ha giocato un ruolo cruciale nel miglioramento sia quantitativo che qualitativo del miele prodotto. In due anni, il numero delle arnie è cresciuto da 200 a 600 unità. Questo ha portato all’aumento delle produzioni e, grazie al miglioramento della qualità, tra il 2015 e il 2017 il prezzo al chilo è salito da 100 a 179 scellini kenioti. Oggi il miele è venduto in negozi e supermercati nelle vicine città di Elburgon, Molo e Nakaru. Con la nascita del Presidio, inoltre, le attività legate all’apicoltura hanno visto un maggiore coinvolgimento delle donne.
Quanto è importante il miele per la comunità indigena? Raccontateci alcune delle pratiche culturali in cui il miele è coinvolto.
Lo stile di vita degli Ogiek si basa sulle risorse naturali che la foresta offre: sono cacciatori e raccoglitori la cui principale attività è l’apicoltura, ma alcuni si dedicano all’agricoltura e all’allevamento. La foresta era una risorsa condivisa e ciascun gruppo si occupava di gestirne una parte in modo sostenibile per poi nutrirsi dei suoi frutti. Un tempo, l’apicoltura era un’attività prettamente maschile, svolta soprattutto dagli anziani, che erano incaricati di costruire le arnie e raccogliere il miele senza danneggiare gli alberi. I giovani accompagnavano i padri agli apiari per apprendere le pratiche tradizionali, e questo garantiva che il sapere legato all’apicoltura fosse tramandato di generazione in generazione. Parte del rituale di iniziazione prevedeva che i giovani si arrampicassero sugli alberi per recuperare il miele e resistessero alle punture d’ape.
Anche l’idromiele tradizionale era preparato con puro miele al naturale e rotonik, un frutto per la cui forma la comunità chiama “albero delle salsicce” la pianta da cui è raccolto (Kigelia africana). Questa bevanda alcolica fermentata era consumata in occasione di eventi pubblici, incontri e cerimonie di iniziazione. Quando una donna dava alla luce un bambino, il marito doveva aspettare 4 giorni prima di vederlo, e in questi 4 giorni preparava il vino di miele che avrebbe condiviso con la comunità alla presentazione ufficiale del neonato. Gli Ogiek, inoltre, consumavano questa bevanda in segno di unione durante gli incontri tenuti per risolvere eventuali conflitti, così come in occasione dei rituali praticati in caso di calamità naturali quali inondazioni, siccità e temporali.
In che modo il Presidio ha contribuito a salvaguardare l’ecosistema della foresta di Mau?
Attraverso il Presidio, i membri della comunità hanno intensificato gli sforzi per proteggere e rivendicare la foresta Mau come propria casa ancestrale e per promuovere le pratiche di apicoltura tradizionali, aderendo in gran parte alla Community Forest Associations (CFA). I produttori di miele hanno contribuito a piantare nuovi alberi di specie autoctone per contrastare l’introduzione di piante esotiche, che minacciano il futuro del miele locale e la sua unicità. Inoltre, dal 2015, la comunità Ogiek ha aderito a iniziative di turismo responsabile collaborando con la Fondazione Slow Food per la Biodiversità e Necofa (Network for Ecofarming in Africa). Di recente, inoltre, la comunità ha vinto una battaglia legale in difesa del proprio diritto di abitare la foresta; una battaglia durata ben 8 anni a seguito di altre lotte iniziate in epoca coloniale e in particolare negli anni Trenta, quando il popolo Ogiek fu sterminato e deportato dalle sue terre ancestrali per fare spazio ai coloni. La creazione di riserve forestali, poi, impedì agli Ogiek di accedere alle proprie terre e gli inglesi si rifiutarono di riconoscerli come tribù, cosa che sarebbe equivalsa a riconoscere il loro diritto di vivere in quei luoghi.
Perché oggi per gli Ogiek è importante resistere attraverso il cibo?
La continua interazione con membri di altre tribù, comprese quelle dei Kikuyu e Kipsigis, dediti alla pastorizia, ha provocato numerosi cambiamenti all’interno della comunità Ogiek. Alcuni dei suoi membri hanno cambiato il proprio stile di vita introducendo l’allevamento bovino, l’agricoltura e altre attività economiche. L’interazione con il mondo esterno ha anche avuto un forte impatto sull’ecosistema della foresta e, dunque, sui luoghi in cui vivono gli Ogiek. Promuovere l’apicoltura non significa solo preservare la foresta, ma anche incoraggiare un’importante attività economica che favorisca i giovani Ogiek e le loro comunità; promuovere l’apicoltura può aiutare queste persone a riscattarsi dalla povertà.