A fine 2015 la Commissione Europea ha pubblicato un rapporto di medio termine sul monitoraggio della biodiversità in Europa. Il documento di 18 pagine conclude che negli ultimi quattro anni, nonostante l’impegno fatto proprio nel 2011 dagli Stati Membri, non ci sono stati miglioramenti nello stato della biodiversità degli habitat collegati all’agricoltura e non sono stati fatti progressi per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020.

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Habitat ed ecosistemi agricoli: a che punto siamo? Habitat e foreste e boschi: a che punto siamo?Impronta ecologica per abitanti nelle varie regioni del mondo  Le specie: a che punto siamo?La strategia sulla biodiversità elaborata dalla Commissione Europea si fonda su sei ambiti o obiettivi chiave, ognuno dei quali sostenuto da una serie di azioni: le specie e gli habitat; gli ecosistemi; l’agricoltura e le risorse forestali*; la pesca e le risorse ittiche; le specie aliene invasive; la perdita di biodiversità. Se focalizziamo l’attenzione sul terzo target, i risultati che emergono sono allarmanti. In particolare, il rapporto The 2015 European Environment – State and Outlook individua nelle pratiche agricole intensive e nell’abbandono delle campagne, insieme alla crescente urbanizzazione e all’inquinamento chimico, i principali responsabili della perdita di biodiversità.

Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità, ricorda: «Slow Food lavora per salvaguardare la biodiversità agroalimentare da oltre 15 anni, e con i suoi progetti dei Presìdi e dell’Arca del Gusto ha raggiunto risultati concreti in tanti Paesi del mondo, come attesta una ricerca condotta con le Università di Torino e di Palermo. Ma si tratta di una goccia nel mare» aggiunge. «Dobbiamo dire forte e chiaro che ci vuole una vera, totale rivoluzione culturale: questa situazione disastrosa si può invertire solo cambiando gli stili di consumo di tutti noi. Da oggi apriamo una nuova fase, per reagire a una situazione di estrema emergenza: Slow Food istituisce un Osservatorio sull’agrobiodiversità, attraverso il quale cercheremo di informare in modo semplice e accessibile, punteremo i riflettori su situazioni problematiche, indicheremo i possibili rimedi e daremo enfasi ai risultati positivi già ottenuti, in modo che le esperienze positive possano essere replicabili e adattabili alle diverse situazioni locali. La scelta di campo tra due modelli produttivi deve essere chiara: la produzione agroalimentare intensiva è la causa principale di perdita di biodiversità. Il modello di agricoltura multifunzionale, polivalente e di piccola scala è invece in grado di mantenere nel tempo qualità e riproducibilità delle risorse naturali, di preservare la biodiversità e di garantire l’integrità degli ecosistemi».


L’agricoltura amica

L’agricoltura intensiva, non tollera i tempi della natura, non ha stagioni né pazienza, e deve produrre sempre, tanto, velocemente e nel modo più efficiente possibile. D’altra parte, c’è un modello di agricoltura fondata su saperi che, nel tempo, hanno dato vita a migliaia di varietà vegetali e di razze animali, che esprimono – nella forma, nei colori, nel profumo e nel sapore – la storia dei territori in cui vivono.

Grazie al lavoro di selezione, le varietà e le razze locali si sono adattate al loro territorio, diventando più forti e resistenti e richiedendo meno fertilizzanti, acqua, pesticidi e cure veterinarie. Clicca qui e scopri tre esempi di agricoltura che vogliamo!


Cosa puoi fare tu?

Denunciare con forza questa situazione è un passo importante, monitorarla un passo ulteriore, ma ciascuno di noi, nel quotidiano può contribuire a un cambio di rotta, a un’inversione di tendenza.

Come? Clicca qui e scopri alcuni consigli che possono aiutarci a lavorare, insieme, per migliorare lo stato delle cose!