Il reportage multimediale delle giornaliste Monica Pelliccia e Adelina Zarlenga e della fotografa Daniela Frechero, spiega attraverso le storie di quattro protagonisti incontrati tra l’Italia e l’India l’impatto della diminuzione delle api sulle tavole e sulla salute.
Pesticidi, cambiamenti climatici, monocolture, malattie sono tra le cause della moria dei silenziosi ed indispensabili insetti impollinatori.
Il cibo è stata la chiave di lettura per offrire un nuovo punto di vista sul problema mondiale del declino delle api, toccando un tasto che sta a cuore a tutte le persone: l’alimentazione. L’impatto della diminuzione degli insetti impollinatori sulle nostre tavole e le conseguenze sulla nostra salute, sull’ambiente e sulla biodiversità, come effetti tangibili e quotidiani sono stati motore del progetto giornalistico Hunger For Bees, con il quale abbiamo vinto il Premio internazionale di giornalismo “Innovation in development reporting” gestito dal Centro Europeo di Giornalismo ed abbiamo dato vita ad un reportage multimediale, pubblicato in italiano, spagnolo ed inglese su diverse testate in tutto il mondo. Un’inchiesta giornalistica, trasformata anche in graphic novel e prossimamente in un documentario, che ci ha portato a viaggiare tra l’Italia e l’India, con l’obiettivo di spiegare come la diminuzione delle api abbia ripercussioni sul sistema alimentare globale e sulla sicurezza alimentare. Prima di partire ci siamo impegnate in un grande lavoro di ricerca, per dare un attento e accurato fondamento scientifico alla nostra inchiesta.
Secondo i dati della FAO, infatti, il 75% delle coltivazioni mondiali dipende totalmente o in parte dall’impollinazione. E negli ultimi 50 anni sono aumentate del 300% le coltivazioni dipendenti dal lavoro dei preziosi insetti impollinatori. Inoltre, ricercatori dell’Università di Harvard in uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet hanno evidenziato come senza le api i Paesi in via di sviluppo potrebbero ridurre la produzione di cibo di un terzo, con un forte impatto sulla salute delle persone, che significa mancanza di micronutrienti come la vitamina A, il ferro e l’acido folico. In sostanza, senza l’indispensabile attività degli impollinatori, circa 71 milioni di persone potrebbero soffrire di malnutrizione dovuta alla mancanza di vitamina A, con probabile aumento di malattie infettive e mortalità, in particolare donne, bambine e bambini.
Non c’è un solo motivo determinante per la moria delle api, ma le cause cambiano a seconda delle zone e del periodo, come ci ha detto l’entomologo Claudio Porrini dell’Università di Bologna e come ci ha confermato Agnes Rotrait, esperta di entomologia dell’EFSA. Ci sono dunque motivi sinergici: cambiamenti climatici, monocolture, pratiche inappropriate di apicoltura, malattie e pesticidi. Gli stessi che apicoltori ed apicoltrici hanno riscontrato da nord a sud dell’Italia.
L’apicoltura nomade che salva le produzioni agricole

Giorgio Baracani, apicoltore nomade di 46 anni, raccoglie da terra le api morte ipotizzando che la causa sia l’impiego di pesticidi in terreni circostanti. Marzocca, Marche. Foto di Monica Pelliccia
Uno dei protagonisti di Hunger for Bees è non a caso Giorgio Baracani, apicoltore italiano che pratica nomadismo. Lo abbiamo incontrato tra i campi di girasole delle Marche, dove aveva appena portato alcune delle sue arnie e dove ci ha spiegato come gli agricoltori siano sempre più dipendenti dal lavoro degli apicoltori. Il nomadismo, infatti, nasce dalla necessità crescente di spostare gli alveari nei campi coltivati per l’impollinazione di frutta e verdura di cui aumenta qualità e quantità. Gli agricoltori, cioè, pagano gli apicoltori per svolgere questo servizio durante le fioriture e favorire così il processo di impollinazione. Una pratica, quella del nomadismo, che è diventata anche fonte di sopravvivenza per le api, per sfuggire dai trattamenti chimici.
In Italia, in particolare nei pressi di vigneti e coltivazioni intensive, sono stati trovati i pollini più contaminati da pesticidi d’Europa, secondo una ricerca fatta da Greenpeace in dodici Paesi europei. E proprio in Italia, a seguito della grande moria di api nel 2008, è nata una ricerca indipendente Apenet e Beenet per comprendere, tramite il monitoraggio sul campo, le specifiche cause delle morti anomale degli impollinatori. È cominciata perché durante la concia dei semi di mais, in Pianura Padana, con pesticidi neonicotinoidi, le api morivano. Queste sostanze sono state poi sospese, prima in Italia e poi dal 2013 in Europa, e le ricerche hanno dimostrato un reale miglioramento della situazione (da una mortalità del 19% nel 2010 di è passati al 10,83% nel 2013). Ma i pesticidi non sono scomparsi dall’agricoltura. E gli apicoltori sono diventati dei veri e propri paladini dell’ambiente, nella continua necessità di far comprendere che se non si pone un freno al declino delle api, all’utilizzo di alcune sostanze in agricoltura, adesso è caldo il dibattito sul glifosato, ci saranno ripercussioni nella produzione di cibo. “Un grammo di insetticida sistemico neonicotinoide”, spiega Francesco Panella, presidente UNAAPI per circa 20 anni fino a marzo 2017, “ha una tossicità per le api pari a quella di oltre 7 kg del micidiale DDT”.
“È fondamentale per riuscire a salvare le api e quindi a salvare noi stessi cambiare radicalmente il modello di agricoltura”, spiega Serena Milano, responsabile della Fondazione Slow Food per la Biodiversità, che abbiamo intervistato a Bra. “Bisogna abbandonare le monocolture, differenziare, lasciare anche spazio all’incolto, non usare pesticidi e concimi chimici di sintesi. È possibile produrre con tecniche agricole che preservino la fertilità della terra. Questa è la strada secondo Slow Food: difficile, perché significa produrre meno di tante cose diverse, ma sufficiente per sfamare l’umanità senza compromettere il pianeta”.
Johannes Fragner, farmacista e promotore del referendum sulla proibizione dell’uso dei pesticidi nel paese. Malles, Italia. Luglio 2016. Foto di Monica Pelliccia
Malles, il primo comune al mondo ad aver abolito i pesticidi con un referendum
Ci sono già comunità ed interi Paesi che hanno intrapreso strade più sostenibili. Come Malles (BZ), in Alta Val Venosta, il primo comune al mondo ad aver scelto, tramite un referendum dal basso il divieto di pesticidi in agricoltura. A Malles abbiamo incontrato un altro dei nostri protagonisti: Johannes Fragner, il farmacista del paese, convinto sostenitore del referendum e promotore di un’agricoltura più attenta alla sicurezza alimentare. A pochi chilometri da Malles, in Svizzera, nel 2018 ci sarà un referendum per abolire i pesticidi sintetici. La Francia ha approvato un emendamento, collegato ad una legge sulla biodiversità, che entrerà in vigore l’anno prossimo per vietare i neonicotinoidi.
Le api che in India migliorano la salute delle persone

Neema Ramesh Bilkule, agricoltrice e apicoltrice di 28 anni, realizza il controllo periodico dei favi dei suoi alveari. Dhule, villaggio di Kevdipada Maharastra, India. Foto di Daniela Frechero
Il viaggio di Hunger For Bees è continuato in India, Paese che senza impollinatori perderebbe un terzo della sua produzione di frutta e verdura. Ci sarebbero anche gravi conseguenze sul paniere alimentare delle persone, una perdita annuale stimata di 726 miliardi di dollari. “Non solo si potrebbero perdere soldi. Stiamo parlando di perdita di cibo, fondamentalmente di fame”, spiega Parthib Basu, direttore del Centro degli impollinatori dell’università di Calcutta, che ha portato avanti questi studi. Le storie dei contadini e contadine che abbiamo incontrato in questo Paese dimostrano la forte dipendenza tra apicoltura e agricoltura. Come quella di Neema Ramesh Bilkule, agricoltrice di un remoto villaggio nel cuore dell’India, localizzato a sei ore da Mumbai. Grazie alle api è riuscita a migliorare le condizioni di vita e il benessere della sua famiglia: la produzione di melanzane, mango, peperoncino sono aumentate tra il 30 e il 60 per cento, diminuendo l’insorgere di febbri e malattie durante il periodo dei monsoni e garantendo un raccolto tale da permettere di venderne parte ai mercati locali. Le api quindi offrono un aiuto concreto alle famiglie indiane che vivono in zone come queste, fortemente colpite dal cambio climatico e dalla siccità.
Anche nella regione del Tamil Nadu, nell’estremo sud dell’India, le api sono alleate dell’agricoltura. Una relazione al centro delle ricerche di Ammasan Parthiban, conducente di autobus e appassionato di apicoltura, che dopo aver verificato che grazie agli alveari la sua produzione di tamarindi è aumentata di un 400 per cento in un anno, ha deciso di condividere questa scoperta con le persone del suo villaggio, per aumentare la produttività dei raccolti ed il benessere dell’ecosistema.
L’attenzione e la cura della biodiversità è stato il fil rouge che ha percorso tutto il nostro reportage, fino ad arrivare all’ultima tappa del viaggio ed approdare in Sikkim, primo stato indiano a dichiararsi organico. Un’utopia verde tra Tibet, Nepal e Bhutan, che in 7mila km2 riunisce poco più di mezzo milione di abitanti, i quali vivono rispettando l’ambiente che ospita la terza cima più alta del mondo: il Kanchenjunga. Da oltre dieci anni hanno proibito l’uso di pesticidi, constatando l’aumento della produttività delle coltivazioni ed il ritorno delle api selvatiche, importanti indicatori del benessere della biodiversità.
Monica Pelliccia TW @monicapelliccia
Adelina Zarlenga TW @adelinaZarlenga