Acqua, farina, lievito, sale. Parte tutto da qui. Quattro semplici ingredienti – o tre, se pensiamo che il lievito madre nasce dalla combinazione di farina, acqua e ossigeno – sono alla base di uno degli alimenti più antichi della storia dell’alimentazione e tanto amato da noi italiani: il pane.
Tanto che lo abbiamo declinato, regione per regione, in centinaia di tipologie (alcune riconosciute come Presidio Slow Food) nelle quali sono racchiuse le caratteristiche e le tradizioni delle diverse aree di origine: l’utilizzo di grani locali, l’aggiunta di determinati ingredienti, la modalità di cottura o la particolare forma dell’impasto.
Eppure, parte tutto da lì: quattro ingredienti. E chi di voi si sia mai cimentato nel fare il pane in casa, potrà confermare l’emozione nel veder legare l’impasto, quel momento magico in cui acqua, farina, lievito e sale, da singoli elementi diventano massa unica, preludio della pagnotta che avvolgerà la cucina con il suo caldo e dolce profumo.
Non so se sia vero quanto dicono, che le attività manuali in cui è richiesta una buona dose di concentrazione, unita a creatività e fantasia, lanciano stimoli positivi al nostro cervello e ci aiutano a scaricare lo stress. In ogni caso a me, fare il pane, fa pensare proprio alla felicità.
E l’ho confermato conoscendo Giuseppe Ferranti, il cuoco dell’Alleanza Slow Food protagonista della prossima lezione di In Cucina con Slow Food dedicata all’arte del pane, in programma domenica 29 gennaio.
Se di arte si parla, come spesso accade, è il mestiere a scegliere l’artista, richiamandolo tanto intensamente da non consentirgli di fare altro nella vita. Così è stato per Giuseppe, panettiere e pizzaiolo napoletano che oggi vive e lavora a Reggio Calabria.
Raccontaci la tua storia d’amore con il pane
«Nei ristoranti ci sono nato – racconta Giuseppe. Quando ero ragazzino, i miei genitori spesso mi facevano dare una mano nella pizzeria di famiglia. Lì ho iniziato prima come lavapiatti, poi ho fatto il cameriere. A un certo punto ho deciso di abbandonare la scuola perché volevo dedicare la mia vita al lavoro di pizzaiolo. Ma papà non voleva, e allora la scuola l’ho conclusa lo stesso: mi sono diplomato geometra e – aggiunge, quasi per inciso – ho persino vinto un concorso».
E poi? «Poi questo lavoro mi ha chiamato. Se devo spiegare perché oggi faccio il panettiere e il pizzaiolo, mi viene da descriverla come una sorta di vocazione».
«Con la farina ci parlo, ma senza tecnica non si fa nulla»
Giuseppe – Peppone per i tanti amici e clienti che compongono la sua famiglia reggina – arriva qualche anno fa nel capoluogo calabrese per lavoro. Sceglie poi di rimanerci per amore e proprio qui, nella sua pizzeria, oggi guida una squadra di 40 persone, maneggiando ogni giorno circa 50 chili di impasto.
Un lavoro impegnativo, penso. Ma lui la semplifica così: «Io non faccio nessun sacrificio, perché questo mestiere è la mia vita. La ristorazione ha i suoi tempi e nel mio campo non è importante avere fretta, ma passione. E conoscenza della tecnica, della chimica degli alimenti di base».
Questi, lo abbiamo detto, sono pochi. Ciò che è fondamentale è selezionarli e lavorarli con cura. La farina che utilizza Giuseppe, per esempio, è prevalentemente di tipo 0, macinata a pietra, di grani locali.
«Oggi si tende a preferire farine iper proteiche, spesso addizionate, ma io preferisco grani locali di cui conosco l’origine – precisa Giuseppe. L’esperienza mi permette poi di calibrare il giusto tempo di lievitazione. Con la farina ci parlo, ne studio le proprietà, la scelgo in base al risultato che voglio ottenere».
E per quanto riguarda l’acqua e il lievito?
«L’acqua è un altro elemento fondamentale: non deve essere dura, ma nemmeno troppo pura. Mentre il lievito è amico della leggerezza della pasta. Io uso lievito madre liquido, ma faccio anche fermentazione mista con quello di birra. Il segreto è rispettare la quantità e di conseguenza la giusta maturazione e lievitazione».
Completata la scelta degli ingredienti, si passa alla lavorazione. Giuseppe spiega che esistono due tipologie di impasto, quello diretto e quello indiretto. Nel primo, l’acqua, la farina e il lievito vengono inseriti, cioè mescolati, tutti insieme in un unico momento. Il secondo prevede invece la realizzazione di un prefermento con la divisione del lavoro in due fasi, di maturazione e lievitazione.
In Cucina con Slow Food: l’arte del pane a casa nostra
Tutto chiaro? Tranquilli, al centro della lezione di In Cucina con Slow Food ci saranno proprio le due tecniche di lavorazione: Giuseppe spiegherà tutti i segreti per panificare al meglio anche tra le mura di casa, oltre ai giusti metodi per conservare il lievito madre.
Insomma, abbiamo capito che fare il pane non è solo amore, è soprattutto tanta tecnica. E che concedersi il giusto tempo per imparare l’antichissima arte bianca significa regalarsi un piccolo concentrato di felicità.
Potete farlo anche voi prenotando la lezione con Giuseppe, c’è tempo fino al 22 gennaio.
Seguono poi due appuntamenti dedicati alle ricette antispreco e alle nuove geografie in cucina.
Scopri qui il programma completo e prenota le lezioni direttamente dall’e-shop di Slow Food!
In cucina con Slow Food, a lezione con i cuochi dell’Alleanza è realizzato grazie al contributo di Pastificio Di Martino, QBA – Quality Beer Academy di Radeberger Gruppe e Acqua San Bernardo.
Il progetto dell’Alleanza Slow Food dei cuochi è sostenuto da Arix, Pastificio Di Martino e Acqua S. Bernardo.