Nuova vita ai grani antichi: in cucina con Giovanni Civitillo

In cucina con Slow Food, a lezione coi cuochi dell’Alleanza è il nuovo format di Slow Food Italia che affianca alla tecnica delle lezioni di cucina tutta l’esperienza, i valori e la conoscenza degli chef dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi.

Dieci appuntamenti con i nostri cuochi, 10 incontri online per scoprire il meglio della gastronomia italiana di territorio e 10 occasioni per coglierne e apprenderne metodi e ricette.

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Nel borgo di Cusano Mutri, nella provincia campana di Benevento, vivono quattromila abitanti. Arroccata su una cresta del versante meridionale del massiccio del Matese, che dà il nome all’omonimo parco regionale, la cittadina conserva l’aspetto medievale caratterizzato da stradine tortuose che si alternano a larghe scalinate, da abitazioni in pietra e dai ruderi del castello. Merita senz’altro una visita, e non solo per le peculiarità storiche che la contraddistinguono: proprio a Cusano Mutri, infatti, si trova un locale che fa parte dell’Alleanza Slow Food dei cuochi: la Pizzeria Millenium di Giovanni Civitillo. 

Classe 1986, Giovanni è uno dei quei cuochi di cui per davvero si può dire che vive con le mani in pasta: «La mia storia con la pizza è cominciata nel 2000, quando avevo 14 anni – racconta -. Nei giorni della Sagra dei Funghi, l’evento clou dell’autunno della nostra zona, lavorai come aiutante del pizzaiolo. A quei tempi andavo ancora a scuola, così in pizzeria davo una mano in estate o durante le festività di Natale».

Da quel momento, Giovanni non ha mai abbandonato la pizzeria: «In quel locale rimasi fino al 2005, quando cambiai mestiere per qualche tempo. Ci sono tornato nel 2008 e l’anno successivo sono entrato in società, acquistandone una quota. Fino a quando, nel 2011, ho rilevato l’attività diventando l’unico proprietario».

Quale impronta hai dato al tuo locale da quando ne sei proprietario?

Sicuramente tutto ciò che riguarda il lavoro di ricerca. Parlo dell’attenzione alle materie prime, il rispetto della stagionalità, il rapporto con i produttori. Quando ho iniziato a lavorare in pizzeria tutto questo non c’era: penso soprattutto alle farine, come tanti usavamo quelle commerciali. Ma prendendo in mano il locale, mi è venuto naturale occuparmi di questi aspetti.

Merito anche dell’avvicinamento a Slow Food. Com’è avvenuto?

Era il 2015 ed entrai in contatto con il fiduciario locale di Slow Food nel periodo di Sementia, l’evento di Slow Food Italia e di Slow Food Campania che punta al recupero dei grani antichi autoctoni. Da quella esperienza, insieme a un amico, ho cominciato a occuparmi di cerealicoltura, coltivando in prima persona il grano. Sono stato in Basilicata a prendere i semi di grano Rosciola e ho seminato alcuni terreni. Qualche sperimentazione, la mietitura… e mi sono ritrovato a usare in cucina, negli impasti, la mia farina! Non solo, Giovanni è oggi Fiduciario Slow Food della Condotta Valle Telesina, e  fondatore della Comunità Slow Food dei Custodi del Monte Mutria. (Per conoscere le Comunità Slow Food clicca qui)

Com’è stato il passaggio dalla farina industriale a una farina molto diversa?

Difficile, lo ammetto: c’è stato bisogno di provare e riprovare, perché la lavorazione è molto diversa. La difficoltà principale è stata abituarmi a come reagisce l’impasto, che risulta più colloso, si attacca di più alle mani. Come mi regolo oggi per riuscire a impastare? Non c’è una ricetta fissa, mi baso sulla passione e, un po’ per volta, tutto è venuto spontaneo. Oggi, in pizzeria, uso soltanto farine ottenute da grani antichi: una parte proviene dalla mia produzione, che però è molto limitata, e il resto dai coltivatori locali, tra cui quelli che fanno parte della Comunità Slow Food custodi del monte Mutria.

Grano Rosciola Foto © granorisciola.it

Perché scegli grani locali?

Innanzitutto perché usare grani antichi autoctoni significa mantenere un legame con il territorio: significa usare un grano che ha vissuto con noi tutto l’anno, prendendo la pioggia che abbiamo preso noi e crescendo sotto lo stesso sole. E poi per via dei sapori e dei profumi che esprimono: non c’è paragone di gusto, un impasto così è un’esperienza che altrove non la si trova. 

Com’è lavorare con la Comunità Slow Food locale?

In questi anni il territorio mi ha aiutato molto: ho voluto coinvolgere i produttori come protagonisti nel mio lavoro e i risultati si vedono. Della Comunità Slow Food custodi del monte Mutria fanno parte 18 produttori, tre micro caseifici, quattro aziende agricole, un micro birrificio: una rete con la quale collaboro non solo rifornendomi di materie prime, ma anche organizzando insieme iniziative come Mutria Food Day, che si svolge il prossimo 23 ottobre per la campagna europea di Good Food Good Farming.

 

A proposito di produttori e del rapporto con loro, ti vengono in mente episodi particolari da raccontare?

Ce ne sono molti! Qualche tempo fa ho ricevuto la visita di alcuni tour operator norvegesi che volevano programmare alcuni viaggi per i turisti scandinavi, perciò li ho accompagnati nei sopralluoghi per individuare quali aziende agricole visitare. Una volta arrivati, siamo stati accolti con tanta familiarità che ci siamo fermati tutta la sera, seduti a tavola a chiacchierare, mangiare e bere vino. 

Un’ultima curiosità. Hai accennato della tua attenzione verso la stagionalità dei prodotti: ora che ci avventuriamo nell’autunno, quale pizza ci consigli?

Ne suggerisco due: La prima è la pizza stupore e racchiude tutta la Comunità Slow Food perché gli ingredienti provengono da aziende che ne fanno parte: è con la vellutata di zucca, i funghi porcini, la pancetta e una cialda di pecorino del matese. E poi c’è la pizza autunno: vellutata di porcini, castagne, lardo e miele.

 

In cucina con Slow Food, a lezione coi cuochi dell’Alleanza è pensato insieme al Pastificio Di Martino, con la collaborazione di Acqua S.Bernardo e il sostegno di Arcobaleno in cucina.

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