Non producono gas serra soltanto le attività industriali, i trasporti, la produzione di energia da fonti fossili, le attività agricole e zootecniche. Anche preparare pasti produce emissioni.
Sommandosi a quelli prodotti naturalmente dagli ecosistemi marini, terrestri e alle altre attività produttive umane causano l’“effetto serra”: il riscaldamento globale. Un fenomeno che sta mettendo a rischio, più di ogni altro, il futuro del nostro Pianeta.

Acquistare ingredienti la cui produzione è meno impattante dal punto di vista ambientale e fare scelte consapevoli nella gestione quotidiana di un ristorante, mette in moto piccoli cambiamenti che, sommati a quelli di tante altre persone, può cambiare le cose.

Slow Food, con il supporto scientifico di INDACO2, ha messo a confronto l’impatto ambientale di un ristorante dell’Alleanza Slow Food dei cuochi (Les Résistants, a Parigi), con quello di locali convenzionali.

I risultati dello studio “Il clima è servito. La sostenibilità è possibile, anche al ristorante” fanno riflettere e possono essere fonte di informazioni e di ispirazione per chi gestisce attività di ristorazione e vuole ridurre l’impatto della propria attività. La ricerca ha dimostrato che puntare su un menù con un moderato impiego di carni, piatti realizzati con ingredienti provenienti da sistemi agricoli sostenibili e scelte di gestione del locale ispirate al risparmio energetico e alla riduzione dello spreco alimentare, possono portare a un impatto ambientale annuo minore di 4,5 volte rispetto a quello di un ristorante che sceglie fornitori convenzionali, i cui prodotti vengono anche da luoghi lontani, che consuma un quantitativo di carne nella media europea e non si preoccupa dell’impatto ambientale della propria gestione.

Abbiamo riassunto in una tovaglietta sottopiatto, alcuni consigli per un menù “amico del clima”.
Seguili e invita anche i tuoi clienti a portarsi a casa la tovaglietta per riflettere sulla loro spesa quotidiana!

A seguire alcuni consigli per un ristorante amico del clima!

Plastica

È bene evitare il più possibile i materiali plastici (sia in cucina sia in sala) e i prodotti monouso.
Quando è indispensabile il loro impiego, è necessario preoccuparsi di smaltirli correttamente affinché possano essere riciclati.
È importante il loro corretto utilizzo, al fine di evitare la migrazione degli additivi dagli imballaggi al cibo, e dunque l’ingestione di microplastiche. La produzione di microplastiche dipende da diversi fattori: le caratteristiche della plastica, la temperatura, l’umidità, l’acidità ma anche dal tipo di alimento (gli alimenti grassi assorbono concentrazioni superiori di additivi). Più la temperatura si alza, maggiore sarà il trasferimento di microplastiche verso l’alimento. Più a lungo il prodotto alimentare rimane a contatto con la confezione, maggiore sarà la quantità trasferita al cibo.

Per quanto riguarda i prodotti monouso, qualora non sia possibile evitarli, è necessario sceglierli biodegradabili e compostabili e smaltirli correttamente, affinché possano essere correttamente compostati (per approfondire, Silvio Greco, “La plastica nel piatto“, Slow Food Editore 2020).

Carta

Eventuali prodotti in carta (tovagliette, tovaglioli, carta cucina, carta mani e carta igienica) dovranno essere preferibilmente in carta riciclata e, in ogni caso, certificata PEFC o FSC, sigle che indicano la provenienza da fonti (foreste) gestite in modo sostenibile. È il modo migliore per proteggere le foreste e le economie ad esse legate.

Una foresta certificata PEFC è una foresta gestita in linea con i più severi requisiti ambientali, sociali ed economici, una foresta che ci sarà anche per le generazioni future. Oltre a garantire che il materiale proviene da una foresta certificata, il marchio PEFC tutela anche i diritti dei lavoratori lungo tutto il processo di produzione.

Detergenti

I detergenti ecologici sono da preferire per la pulizia dei locali e occorre ridurre al minimo i consumi di acqua e di energia per contenere il più possibile l’impatto ambientale. Preferire fornitori di energie rinnovabili.

Oli esausti

È importante conferire gli oli esausti derivati dalle fritture ai centri di raccolta che si occupano del loro smaltimento o riciclo. Lo smaltimento non corretto degli oli vegetali esausti inquina suolo, fiumi, mari e bacini idrici. Crea infatti una superficiale pellicola che impedisce l’ossigenazione dell’acqua e compromette l’esistenza di flora e fauna.

Inoltre, l’olio esausto ostacola la penetrazione in profondità dei raggi solari, danneggiando drasticamente l’ambiente marino e la vita in acqua. Basta infatti un chilo di olio vegetale esausto per inquinare una superficie d’acqua di 1.000 mq (dati Legambiente).