In che modo un pascolo può aiutarci a conservare e ripristinare biodiversità? Possibile che un ecosistema all’apparenza semplice possa invece essere fondamentale per la vita sul pianeta?
A spiegarcelo sarà la storia di Claudia Masera e della sua Cascina Roseleto. Ancora una volta si tratta di un raccolto di vita, di generazioni di contadini, ma anche di innovazione e riscoperta delle pratiche più semplici per tutelare la biodiversità.
Dopo un diploma da agrotecnico e una laurea in storia, Claudia decide di impegnarsi nella cascina di famiglia insieme al fratello e al marito che a cinquant’anni, spinto da un istinto anticonformista, lascia il posto fisso per dedicarsi al lavoro in cascina.
All’inizio gli animali erano allevati nelle stalle senza uscire mai neanche per nutrirsi, una condizione ormai consuetudine in molti, troppi allevamenti. La svolta arriva quando Claudia, mente curiosa e sempre alla ricerca di nuovi spunti, conosce Slow Food e il professore Cavallero, docente di Agronomia presso il dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimentari dell’Università di Torino e caro amico della chiocciola. «Dal 2010 ho iniziato a partecipare a Terra Madre Salone del Gusto e da quel momento non ho più perso una conferenza degli eventi di Slow Food, soprattutto quando a parlare sono Andrea Cavallero o Piero Sardo. – racconta Claudia con affetto -. Le conferenze sono la cosa che più apprezzo perché rappresentano una fonte inestimabile di conoscenza e nuovi spunti cui attingere per migliorarmi».
Il pascolo e il Presidio
Così nel 2013, entra a far parte dei produttori del Presidio Slow Food della gallina bianca di Saluzzo. Nel frattempo, con l’aiuto del professore Cavallero, studia terreni intorno alla cascina per dare il via a prati stabili – cioè prati che non hanno subìto alcun intervento, lasciati a vegetazione spontanea – dove far pascolare le vacche. «All’inizio erano diffidenti e non volevano uscire dalla stalla, al pascolo erano disorientate ma poi hanno capito che fuori stanno meglio e adesso escono da sole tutto l’anno, anche a dicembre! – racconta Claudia orgogliosa –. Da quando vanno fuori al pascolo, si muovono e mangiano erba sono molto meno nervose, si ammalano meno e sono più longeve. Ne abbiamo una di 19 anni che è la mascotte della cascina. Per non parlare di quanto ne abbia giovato il latte in fatto di gusto e qualità nutraceutiche».
Coltivare biodiversità
Da quel momento la biodiversità Claudia la coltiva, letteralmente. I prati di Cascina Roseleto sono pieni di erbe spontanee e piante tradizionali della zona. Fiera della varietà di erbe e animali che si concentrano nei suoi campi racconta che: «Per avere un prato stabile ci vogliono decenni, ma con gli anni qui a Cascina Roseleto ci sono sempre più varietà di erbe spontanee che fanno bene agli animali. E adesso intorno alla cascina è pieno di aironi e rondini che arrivano per nutrirsi dai campi. Poi ospitiamo le api del miele bio di Girba, anche perché l’ambiente è sano. – sottolinea con fierezza. – Due anni fa ho piantato 180 gelsi, servono per dare nutrimento anche agli uccelli insettivori e per una maggiore biodiversità. Poi la tradizione dei gelsi in Piemonte è molto forte. Inoltre, come ha suggerito il professore Cavallero, le foglie di gelso sono molto buone e proteiche per gli animali così non serve integrare le proteine con altri alimenti come la soia».
Insomma, la cascina Roseleto è un ambiente carico di biodiversità vegetale e animale. In questo modo, i prati raggiungono un equilibrio naturale che si autoalimenta. Sì, perché Claudia spiega che i prati trattengono di più l’umidità e hanno bisogno di meno acqua. Bastano sole e letame, niente di più. E così si ha una fonte di alimentazione animale che si rinnova da solo a differenza del mais che chiede tanto lavoro e tanta acqua. In questo modo si fa anche un servizio per la comunità tutelando e alimentando la biodiversità, anche quella paesaggistica.
Un appello alle istituzioni
«Ecco, l’equilibrio, questo per me è il significato della biodiversità. Il percorso verso la biodiversità e sostenibilità è un confronto, è lo stile di vita complessivo dell’ambiente e di come si muove l’uomo nell’ambiente. Tutti gli agricoltori dovrebbero capire e mettere in atto questo stile di vita in quanto protettori del territorio. E la legislazione dovrebbe aiutare di più le piccole realtà che esistono sul territorio perché sempre più agricoltori siano invogliati a impegnarsi in questa direzione».
«Sarò eternamente grata a Slow Food per l’impegno che mette in ciò che fa e per la sua rete. Fare parte della rete mi ha dato la possibilità di conoscere nuovi progetti con cui crescere e soprattutto di avere un confronto con altre persone che condividono la filosofia del buono, pulito e giusto e mi fanno sentire di non combattere da sola per quello in cui credo».
Ecco perché continuiamo a lavorare per sostenere i contadini, gli agricoltori e i produttori che con le loro attività lottano ogni giorno per tutelare la biodiversità e, con questa, la salute del pianeta e la nostra.
Anche tu puoi supportare queste realtà. Ti basta destinare il 5×1000 alla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus che con i suoi progetti favorisce la creazione di reti e sostiene quanti lavorano per ripristinare la biodiversità, nel rispetto delle persone e dell’ambiente.
Usa il codice fiscale 94105130481 per fare la differenza nel promuovere un’agricoltura che tuteli la biodiversità, rispetti le persone e l’ambiente, sostenga le economie locali, contrasti la crisi climatica.