Il pangiallo si prepara a nord di Roma, soprattutto a Riano. Simile al panpepato, il pangiallo è più dolce. Si tratta di un impasto di frutta secca, cacao, liquori, frutta candita macerati per giorni e infine cotti al forno. Si presenta come una piccola pagnotta che si prepara tradizionalmente intorno all’8 di dicembre per le festività natalizie e generalmente si conserva fino a Pasqua. Nella sua versione tradizionale, il pangiallo si otteneva impastando la frutta secca, il cedro candito e il miele, utilizzato al tempo stesso con la funzione di dolcificante e di conservante. Il nome ‘pangiallo’ deriva dall’inconfondibile strato di pastella d’uova che ricopre l’impasto, creando una crosta dorata che conferisce lucentezza. Nel corso del tempo, con l’incremento delle comunicazioni, questa ricetta è stata oggetto di numerose varianti: sono stati introdotti, per esempio, i pistacchi di Bronte o le mandorle di Noto, ma anche piccole gocce di cioccolato fondente e noci. Le origini del pangiallo sono legate alla Roma imperiale, quando era diffusa la tradizione di distribuire questi dolci durante la festa del solstizio d’inverno, in modo da favorire il ritorno del sole, rievocato dalla caratteristica copertura dorata del dolce. Si narra inoltre che, nel XVI secolo, la principessa Vittoria Colonna donasse del pangiallo ogni anno per Natale al convento di San Francesco d’Assisi. È curioso sapere che, fino a tempi relativamente recenti, le massaie romane, per ridurre i costi della preparazione e dunque sostituire le mandorle e le nocciole, utilizzavano i noccioli della frutta estiva, in particolare delle prugne e delle albicocche, opportunamente essiccati e conservati.L’8 di dicembre si tiene a Riano la sagra del Pangiallo. Oggi è possibile acquistare il prodotto presso alcuni forni locali. Trovarlo è ormai difficilissimo perché se una volta rappresentava il Natale di Roma ora è stato sostituito da altri dolci. Le casalinghe di Riano lo preparano per il proprio autoconsumo.La ricetta viene tramandata principalmente per via orale.
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