Oliva Acerenza

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Oliva Acerenza

L’oliva Acerenza, detta anche dai locali “oliva bianca” è una cultivar autoctona di alcuni comuni della Basilicata: in particolare del comune di Acerenza e di parte dei comuni confinanti di Oppido Lucano, Pietragalla e Cancellara.
La pianta è di media vigoria, presenta un portamento verticale e una media densità di vegetazione della chioma. I rami hanno portamento pendulo. Le foglie si presentano di forma ellittico-lanceolata. Le olive hanno forma arrotondata sia all’apice che alla base, con la presenza di un piccolo apice più appuntito. Hanno una lunghezza di circa 2,2 cm e diametro massimo di circa 1,6 cm. Il nocciolo ha forma ellissoidale, lievemente asimmetrica, appuntita all’apice e arrotondata alla base, con lunghezza, diametro e peso elevati (rispettivamente c.ca 1,5 cm, 0,8 cm e 0,6 g). La sua superficie varia da liscia a rugosa.
La maturazione è medio-precoce, di conseguenza la raccolta può avvenire a partire dalla prima metà di novembre. Caratteristica di tale varietà è il modello di maturazione, caratterizzato da un’attenuazione del colore di fondo, che vira verso il bianco-latteo prima della maturazione del frutto. Probabilmente il nome con cui è chiamata dagli abitanti del posto, oliva bianca, deriva dal fatto che anche a maturazione il colore della polpa è tendente al bianco, a differenza delle altre varietà di olive. Entra precocemente in produzione; e seppur produttiva, tende ad alternare annate di carica e scarica. È autosterile per cui richiede opportuni impollinatori. Per quanto riguarda le malattie è resistente alla rogna e all’occhio di pavone, oltre che agli stress abiotici, sia alle basse che alle alte temperature.
Le drupe vengono destinate prevalentemente alla produzione di olio, ma tradizionalmente sono utilizzate anche per il consumo diretto, conservate in salamoia quando sono ancora verdi, dopo opportuna deamarizzazione. A questo scopo vengono raccolte rigorosamente a mano a fine agosto/inizio settembre e tenute in acqua e soda per circa 12 ore, finché la polpa non si stacca facilmente dal nocciolo con la sola pressione delle dita. In seguito si tengono in ammollo, cambiando quotidianamente l’acqua, finché questa non rimane limpida. A quel punto si conservano in barattoli di vetro, versandovi dell’acqua dopo averla portata ad ebollizione con sale e rametti di finocchietto selvatico. Le olive conservate in questo modo al gusto risultano leggermente salate, e con una lieve acidità mediamente persistente. All’olfatto si avverte in modo deciso l’aroma di finocchietto.
Le olive destinate alla produzione di olio, invece, vengono raccolte con metodo manuale agevolato, cioè con abbacchiatori elettrici molto delicati, a partire dalla metà di novembre. L’olio monovarietale che si ottiene presenta caratteristiche organolettiche e sensoriali interessanti. Ha un colore verde chiaro con sfumature dorate; all’olfatto varia dal fruttato leggero tra verde e maturo al fruttato verde di buona intensità, a seconda del metodo di estrazione. Lo accompagnano note vegetali con sentori di erba appena rasata, mela, cardo, carciofo, pomodoro, mandorla e oliva fresca. In bocca l’amaro e il piccante sono presenti e persistenti, ma non invasivi, e vengono esaltati da sentori di erbe aromatiche. È caratterizzato da una buona fluidità e da un’ottima armonia.
L’olio ha una buona composizione acidica, caratterizzata in particolare da un elevato contenuto di acido oleico e di fenoli totali, che sono importanti per prevenire fenomeni di ossidazione dell’olio e quindi per garantirne la conservabilità. Il rapporto tra acidi grassi insaturi e acidi saturi è medio, mentre il rapporto tra acidi grassi monoinsaturi e quelli polinsaturi è molto alto. Tali valori sono utilizzati come indicatori di qualità. Le caratteristiche sensoriali e compositive ne fanno un olio di qualità importante.
Questa varietà di olivo si è adattata agli ambienti collinari dell’appennino meridionale. Ciò fa sì che sia particolarmente resistente alle gelate e ai periodi di particolare arsura estiva essendo tali fenomeni frequenti nel suo areale di diffusione. È particolarmente impressa nella memoria degli agricoltori del posto una lunga gelata che ha distrutto la maggior parte degli alberi di ulivo delle altre varietà importate, mentre la varietà Acerenza ne è uscita indenne. Tale varietà è stata infatti inserita nell’elenco cultivar di olivo potenzialmente rustiche.
La raccolta finalizzata alla conservazione in salamoia avviene manualmente a fine agosto/inizio settembre, mentre quella finalizzata alla produzione di olio avviene a partire da metà novembre: in passato si procedeva manualmente con l’ausilio di bastoni di legno per facilitare la caduta delle drupe. L’estrazione dell’olio avviene in frantoi locali nel giro di poche ore dalla raccolta.
La coltivazione dell’olivo in questo territorio, ma più in generale in Basilicata, rappresenta una componente fondamentale dell’economia agricola. La consociazione vite-olivo, necessaria a garantire la sopravvivenza della famiglia contadina che doveva trarre dal suo piccolo appezzamento quanto necessario per sostenersi direttamente o indirettamente, era la norma nell’assetto sociale e fondiario della zona. La piccola unità di superficie, in proprietà della famiglia contadina, che spesso non superava il “tomolo” (4.115 mq), era investita con il maggior numero di piante possibile. Da questo deriva la necessità di distribuire le piante di olivo nel vigneto per non condizionare sia l’ombreggiamento delle viti, sia la possibile raccolta delle olive. Questo ne ha da sempre condizionato il metodo di potatura e di conseguenza lo sviluppo dell’olivo, che doveva essere contenuto, attraverso potature importanti, sia per evitare di “soffocare” le viti, sia per consentire un’agevole raccolta, sia per la coltivazione in terreni spesso molto declivi. Questo giusto equilibrio durò per molti anni, disegnando un’architettura di paesaggio molto caratteristica, ma che, a seguito delle varie crisi di mercato dell’uva (dovute agli alti costi di produzione, ai bassi prezzi di mercato, all’età degli addetti, all’impiego in altre attività dei giovani) dovette cambiare perché gli agricoltori pian piano dismisero le vigne lasciando più spazio all’olivo. Il paesaggio agricolo nell’ultimo decennio ha visto, così, trasformare, pian piano, la consociazione in una coltura più specialistica anche se non necessariamente più professionale: l’olivicoltore spesso non è più agricoltore a tempo pieno, ma impegnato in altri settori di attività. Ciò ha avviato un fenomeno che, allo stesso tempo, è importante sotto il profilo sociale: la gestione dell’oliveto ricevuto in eredità da genitori o nonni diventa un momento di comunione con una propria radice storica, culturale e familiare e la trasformazione dell’oliva in olio diventa la riscoperta e il rinnovamento di valori e tradizioni.
Prima della pubblicazione della monografia su “Il germoplasma olivicolo meridionale” edita nel 2013 dall’Università della Basilicata, nella quale vengono rilevate 29 varietà autoctone di olivo della Basilicata, gli abitanti di Acerenza e dei comuni limitrofi non avevano idea del patrimonio costituito da questa varietà locale. Alcuni pensavano che fossero piante di Ogliarola del Vulture, altri addirittura della Cima di Melfi. In realtà ancora oggi, oltre agli sforzi di pochi giovani agricoltori per far conoscere le peculiarità dell’olio extravergine monovarietale, gli abitanti del posto non ne hanno la piena consapevolezza. Questa mancata conoscenza della varietà Acerenza unita alla ridotta resa rispetto ad altre varietà importate negli ultimi decenni del Novecento, mette a rischio la sua conservazione. Infatti l’oliva Acerenza è stata inserita nell’elenco delle cultivar di olivo a rischio di estinzione del CRA-oli di Rende.
Assume ancora maggiore importanza preservare questa varietà particolarmente resistente agli stress abiotici se si considerano i pericoli che la vegetazione mediterranea e in particolare l’olio e la vite corrono a causa della riduzione delle piogge e dell’incremento delle temperature. Questo rischio è emerso anche da alcuni recenti studi condotti dal Dipartimento di Scienze delle produzioni agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze, con la collaborazione dell’Istituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Fondamentali a questo scopo risultano, quindi, la sensibilizzazione degli abitanti del posto rispetto alle caratteristiche peculiari dell’oliva bianca e all’importanza di salvaguardarla; e lo sviluppo di politiche agricole che incentivino i giovani agricoltori a orientarsi alla coltivazione di tale varietà e alla produzione di olio di alta qualità.

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Territorio

NazioneItalia
Regione

Basilicata

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Categorie

Frutta fresca, secca e derivati

Olio

Segnalato da:Mariantonietta Vaccaro