La masa de tortilla artigianale (una pasta di mais prodotta con la nixtamalizzazione tradizionale) è un prodotto legato alle popolazioni indigene degli Stati Uniti sudoccidentali. Il termine nixtamal indica chicchi di mais essiccati preparati con la cottura in una soluzione alcalina di calce per ottenere un prodotto più digeribile e nutriente. Il mais così lavorato può quindi essere usato intero o macinato per ottenere una pasta per la preparazione di numerosi piatti a base di mais, come tortillas, tamales, enchiladas e pozole. Il processo di nixtamalizzazione rende il mais più facile da macinare e digerire, ne aumenta il valore nutrizionale e valorizza aroma e sapore, riducendo inoltre le potenziali micotossine dannose generate dalle muffe che possono attaccare il mais.
Il nixtamal tradizionale consente di ottenere un pozole fresco, morbido e cremoso e una masa de tortilla fatta a mano aromatica e di qualità superiore. La miscela di acqua e calce alcalina, nota come nejayote, aggiunge note floreali e minerali ai chicchi, generando un aroma inconfondibile, molto diverso dal sapore del mais dolce. Diverse varietà di mais producono diversi aromi e consistenze particolari. Ad esempio, il mais blu nixtamalizzato produce una pasta dalla grana più grossolana dal sapore più intenso, nocciolato e dolce grazie all’elevato contenuto di olio e proteine. La masa finale, dopo nixtamalizzazione, assorbe facilmente gli aromi degli altri ingredienti con cui è utilizzata, come erbe aromatiche, peperoncini, patate dolci, maiale, pollo, tacchino o salsa mole.
La nixtamalizzazione è una tecnica antica che risale all’epoca mesoamericana, quando il mais iniziò a essere coltivato da Maya e Aztechi partendo dalle piante di teosinte selvatico che crescevano spontaneamente nei boschi. Aztechi e Maya compresero questo importante primo passaggio nella lavorazione del mais macinando a mano i chicchi sulla pietra lavica lungo i letti dei fiumi. La tecnica si diffuse con l’addomesticamento e l’impollinazione incrociata del mais e con la cucina tradizionale dei nativi americani che si spostarono verso nord, negli Stati Uniti sudoccidentali, attraversando i Caraibi, e a sud verso il Perù. Quando gli esploratori spagnoli portarono il mais dal Nuovo Mondo in Europa, non introdussero il processo di nixtamalizzazione. In molti soffrirono così di pellagra, una carenza nutrizionale causata dalla mancanza di vitamina B3, e la malnutrizione si diffuse in Europa, Africa e America del nord, con proporzioni epidemiche. La nixtamalizzazione aumenta inoltre notevolmente il contenuto di calcio del mais. I vantaggi nutrizionali di questa tecnica sono moltissimi. Dall’inizio alla metà del XX secolo, piccoli mulini per la nixtamalizzazione furono aperti in Messico e negli Stati Uniti sudoccidentali a seguito dell’invenzione del motore e oggi la farina di mais nixtamalizzata istantanea si è largamente diffusa.
Sebbene la pratica tradizionale della preparazione di nixtamal fresco con mais autoctono sia stata tramandata nel corso degli anni, oggi è un’arte perduta e non ben compresa al di fuori delle comunità di nativi americani e ispanici. Ciò che un tempo era un rituale quotidiano per la preparazione di nixtamal e masa freschi, usati come base per molti piatti, è stato ampiamente sostituito dalla comodità del nixtamal prodotto industrialmente. La situazione è ulteriormente complicata dall’onnipresenza di contaminanti OGM, la cui portata è ancora ignota. Nel tentativo sempre più diffuso di sostenere il cibo locale, è essenziale comprendere questo importante processo di preparazione del mais e lavorare al contempo per promuovere e proteggere le varietà di mais tradizionali, pratiche di gestione del terreno sostenibili e il ricco patrimonio gastronomico correlato.
È dunque importante salvaguardare l’arte tradizionale della nixtamalizzazione come strumento per proteggere la biodiversità, promuovere l’agricoltura sostenibile e l’uso di antiche varietà di mais.