Comuni sopra indicati
La denominazione Marrone della Valle di Susa comprende i frutti freschi derivanti da cinque ecotipi locali di castagno (Castanea sativa Mill.) che prendono il nome dal comune in cui si trovano i castagneti: Marrone di San Giorio di Susa, Marrone di Meana di Susa, Marrone di Sant’Antonino di Susa, Marrone di Bruzolo e Marrone di Villar Focchiardo.
Tradizionalmente questo marrone, dal sapore molto dolce e facile da pelare, è consumato bollito o arrostito, ma può essere utilizzato anche nella preparazione di ricette dolci e salate, come il castagnaccio, l’oca ai marroni, il lardo e miele, la zuppa di porri e marroni, la frittata di marroni. Raramente i marroni vengono essiccati per produrre farine, a causa delle scarse proprietà di legante, anche se talvolta sono mescolate con la farina di castagne per conferirle maggiore dolcezza.
La zona di produzione comprende ventotto comuni della provincia di Torino, situati lungo tutta la Val di Susa nella fascia compresa tra i 350 e i 1050 m.s.l.m. La valle è caratterizzata da suoli ricchi in scheletro e sabbia, terreni rocciosi e abbastanza pendenti, precipitazioni poco frequenti e con temperature tra gli 11° e i 12°C. I castagneti richiedono un’accurata pulizia annuale che prevede periodici interventi di inerbimento, sfalcio ed eliminazione di felci e cespugli (con divieto di utilizzo di sostanze chimiche di sintesi). La raccolta avviene ogni anno tra il 20 settembre e il 10 novembre, con disponibilità del prodotto a partire dal 25 settembre. La maggior parte della produzione è venduta direttamente dai produttori per essere consumata fresca, mentre solo una piccola parte viene trasformata in marroni sciroppati con scorze di limone/arancia e vaniglia o rum, creme e marron glacés. I frutti rimasti invenduti dopo 30 giorni dalla raccolta sono sottoposti a curatura, un processo che garantisce la conservazione senza alterazione dell’alimento attraverso l’immersione in acqua per un certo periodo di tempo.
La coltivazione dei castagneti da frutto ebbe inizio in Val di Susa a partire all’epoca romana, anche se le prime fonti certe sulla sua diffusione risalgono al Medioevo, intorno al 1200. Da allora, questa produzione ha ricoperto un importante ruolo nell’economia locale, garantendo una fonte alimentare sicura e remunerativa; inoltre, dalla fine del XIX secolo, i marroni hanno iniziato ad essere esportati in grande quantità. Tuttavia, a partire dalla metà del XX secolo la produzione ha subito un arresto a causa della diffusione di malattie del castagno, dello spopolamento delle valli montane, e della trasformazione delle abitudini alimentari. Nonostante ciò, da circa sessant’anni il terzo weekend di ottobre si svolge una sagra dedicata al Marrone della Val di Susa IGP a Villar Fioccardo che richiama ogni anno molti partecipanti.
Oggi, sebbene la castanicoltura abbia ricevuto un nuovo impulso e i marroni della Val di Susa siano considerati una delle varietà più pregiate sul mercato, sono numerose le problematiche che ne minacciano la sopravvivenza, in particolare il Cinipide galligeno, un insetto che indebolisce i castagni e li rende più vulnerabili alle malattie, i grandi sbalzi termici dovuti al cambiamento climatico, che hanno causato la morte di diverse piante, e il conseguente crollo della produzione che spinge i piccoli produttori ad abbandonare l’attività. Inoltre, le forti pendenze dei terreni impediscono l’impiego di mezzi meccanici per la produzione e favoriscono lo sviluppo delle coltivazioni in zone più agevoli.
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