La Garfagnana, in provincia di Lucca, è probabilmente l’unico areale in Toscana dove il farro è sempre stato coltivato.
In origine il farro della Garfagnana era coltivato in piccoli appezzamenti montani, nel corso dei secoli e con l’intensificarsi della coltivazione del mais e del riso, ha assunto una posizione secondaria. Questa varietà locale di farro è stata riscoperta e coltivata in maggiori quantità a partire dagli anni ’70 su indicazione della Regione Toscana che la censì come a rischio di possibile erosione genetica. Nel 1996 ha ottenuto il riconoscimento europeo di Indicazione Geografica Protetta.
Il farro della Garfagnana ha chicchi con evidenti striature biancastre e una consistenza prevalentemente farinosa.
Si semina in autunno – le coltivazioni non prevedono trattamenti di nessun tipo – e si raccoglie l’estate successiva. La semina avviene come per il grano: a spaglio o a file. La lavorazione finale è la sbramatura che serve a separare il glume dalla cariosside per ottenere il tipico granello maculato.
Si differenzia dalle altre varietà di farro per la dimensione più grande del chicco e per la sua resistenza alla cottura. Ricco di vitamine, sali minerali e amido, è stato riscoperto per le sue ottime proprietà ed il numeroso contenuto in fibre.
È un ingrediente ideale per la preparazione di piatti tradizionali come la zuppa di farro, piatto tipico della Garfagnana. Si abbina molto bene ai funghi, ai fagioli e agli altri legumi. La farina che si può ottenere viene utilizzata per produrre il tipico pane garfagnino, inconfondibile per consistenza e sapore.
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