Il fagiolo valdostano Noòu fèirouc è di colore beige-rosato con l’occhio più scuro. All’interno del baccello si possono trovare dai sette ai nove fagioli, da cui il nome Noòu fèirouc. Il gusto è ricco, pieno e gradevole e può essere consumato sia verde, sotto forma di fagiolini, che maturo.
In cucina questo fagiolo è utilizzato per preparare insalate di fagioli, insaporire i minestroni, realizzare la sorsa – una tipica zuppa valdostana – e per accompagnare le cotiche.
Il Noòu Fèirouc è tipico del territorio di Saint Marcel, sulla destra orografica della Dora Baltea, il cosiddetto “envers”. Questa zona, pur essendo esposta a nord, riceve molte ore di sole durante la primavera e l’estate, tanto che qui ortaggi e frutta maturano prima rispetto alle zone limitrofe. Il clima è di tipo continentale, con abbondanti precipitazioni nei periodi primaverili e autunnali e ventilato durante tutto l’anno. La zona è nota, infatti, per essere il polo arido delle Alpi.
Tradizionalmente, il fagiolo è coltivato insieme al mais in modo che la pianta possa sfruttare lo stelo del cereale come sostegno per arrampicarsi. Un sistema alternativo è la cosiddetta "fèiroulyie", un’intelaiatura di pali di legno legati tra loro su cui si sviluppano i fagioli. Le piante sono seminate tendenzialmente verso fine aprile e la raccolta avviene tra settembre e ottobre.
Il Noòu Fèirouc è coltivato nella zona di Saint Marcel da lungo tempo, generalmente a livello familiare grazie alla trasmissione delle sementi da una generazione all’altra. Definire chiaramente l’origine e l’attuale distribuzione del legume è molto complesso, ma è certo che quasi tutte le famiglie del paese possiedono delle piante di Noòu Fèirouc nei loro orti.
In passato le coltivazioni erano sicuramente più estese, soprattutto perché i fagioli costituivano un’integrazione del reddito delle famiglie contadine: infatti, grazie alla loro notevole resistenza ai lunghi viaggi e all’attacco del tonchio i fagioli erano trasportati in treno fino a Genova e poi imbarcati per l’America. Attualmente, il prodotto è disponibile in quantità limitata e generalmente per consumo familiare, ma la riscoperta del suo valore commerciale rappresenterebbe sicuramente una ragione importante per il suo recupero.
Alcuni anni fa è stato avviato “Project 9”, un progetto di riscoperta e valorizzazione del fagiolo articolato in varie fasi che prevedevano prove di sperimentazione in campo – con campioni di fagioli provenienti da diverse famiglie della zona – , lo studio del patrimonio genetico per determinarne l’unicità, la diffusione del metodo tradizionale di coltivazione, l’abbinamento con i piatti della tradizione gastronomica locale e la creazione di un indotto.
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