Il dattero Saiedi, oggi considerato come una delle principali varietà diffuse in Libia, è stato importato dall’Egitto in epoche remote. In alcune zone della Libia centrale, come per esempio le aree di Sokna, Hun, Waddan e Zellah e le città di Jallo, Ogella, Jafara ed Elkofra, costituisce la tipologia più diffusa. Ad essa è dedicato il 3% dell’oasi di Al Jufrah. La pianta, di crescita rapida e resistente ai parassiti, garantisce un rendimento regolare che si aggira sui 70 chili di datteri per fusto. La fioritura avviene in marzo. La raccolta si colloca tra settembre e ottobre, quando il frutto si trova nello stadio di maturazione detto rutab (il colore della buccia si fa più scuro, acquistando toni ambrati, bruni o addirittura quasi nerastri, la polpa assume una consistenza più cedevole e il gusto si fa meno astringente), o in alternativa nella fase detta tamar (quando il frutto inizia a disidratarsi). I datteri Saiedi rendono bene sul mercato, perché hanno un gusto gradevole e risultano agevoli da conservare e trasportare. Per secoli i datteri hanno costituito una risorsa fondamentale per la vita quotidiana e per l’economia delle popolazioni delle aree desertiche della Libia, servendo da fonte di cibo per gli esseri umani e per i loro animali. I datteri essiccati garantivano l’apporto energetico necessario per sopravvivere a temperature inclementi, senza contare la possibilità di scambiare il frutto con cereali nei mercati delle aree costiere. Un indizio della centralità del dattero è il vocabolario altamente differenziato che in arabo serve a designare i successivi stadi di maturazione del frutto: hababouk (acerbo, verde), khalal/kimri/blah (fresco, leggermente astringente, succoso e fibroso, coriaceo), rutab (media idratazione), tamar (più che maturo, secco). Di datteri si parla perfino nel Corano, e in certe zone, durante il Ramadan, i datteri costituiscono una componente di primo piano del pasto serale. Oggi i produttori di datteri di Al Jufrah vendono i loro datteri biologici sia freschi che essiccati, oppure ulteriormente elaborati in forma di sciroppo, aceto o dolci. Eppure nei paesi del Maghreb, come la Libia, il rinnovamento e la conservazione delle varietà tradizionali di dattero, come il Saiedi, non hanno più nulla di scontato. L’impoverimento della biodiversità che ne deriva ha già portato alla coltivazione su scala massiccia di varietà selezionate e alla diffusione di grandi monocolture destinate all’esportazione. A risentire di questa tendenza sono soprattutto le varietà di dattero considerate meno redditizie sul piano commerciale. Come in altri paesi, la siccità, la salinità, la desertificazione e l’invecchiamento dei palmeti hanno reso più difficoltosa la coltivazione del dattero in tutta la Libia, eppure i coltivatori sono consci dell’importanza di proteggere i datteri Saiedi per il loro valore economico, se non altro su scala locale. Foto: Marta Mancini
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Comunità indigena: | Berber |
Segnalato da: | Dr . Bashir Gshera |