Il moretto è una varietà di carciofo armata (cioè spinosa), primaverile, con i capolini di colore violetto e di forma triangolare, con la cima appuntita.
La dimensione totale della pianta oscilla, compreso il capolino, tra i 55 e gli 80 cm. Il peso medio del capolino centrale è mediamente di poco superiore ai 60g, anche se è possibile trovare capolini che raggiungono o superano i 100g. I capolini laterali hanno dimensioni e peso inferiori (circa la metà di quello centrale). Il sapore è amarognolo, tipico di questa varietà, il profumo erbaceo e la consistenza piacevolmente croccante.
Il territorio di produzione dei moretti è tra Faenza e Brisighella, arriva a est fino a Zattaglia e a ovest al rio Cosina. I topi sono molto golosi delle sue radici, per questo si è diffuso maggiormente nei terreni argillosi, dove il problema dei roditori è più contenuto. Tradizionalmente si coltivava nelle scarpate vicino a casa, dove si buttava la cenere del camino (un ulteriore elemento utile a tenere lontani i topi).
Le prime testimonianze circa la diffusione del carciofo nel Ravennate risalgono al periodo tra il 1581 e il 1583, e si trovano nel testo di Bernardino Carroli “Il giovane ben creato”. Cita questa coltivazione anche Innocenza Malvasia, nella sua “Instruzione di agricoltura” del 1609.
E’stata rintracciata poi nell’ inchiesta di Domenico Ghetti per la commissione Jachini (1879), rimasta inedita fino al 1999 e pubblicata a cura di Casadio C. ne “L’agricoltura faentina ai tempi di Oriani”.
Seguono nel 1880 Luigi Biffi con la “Memoria intorno alle condizioni dell’agricoltura e della classe agricola nel circondario di Faenza”, una
documentazione prodotta dal Consorzio dei bacini montani in comune di Brisighella e limitrofi del 1925. La prima edizione della Guida gastronomica d’Italia edita dal Touring Club Italiano nel 1931 ne parla, e così la raccolta curata da Raccagni nel 1993 “La mia cucina medievale”. Testimonianze orali affermano che negli anni ‘40-‘50 molte famiglie di Brisighella lo coltivavano nei loro orti.
Durante la bonifica di monte, operata durante la dittatura fascista, si cercò di mettere a coltura anche la zona dei calanchi, creando dei pianori dove furono coltivati in consociazione peschi e piante orticole precoci, tra i quali il carciofo moretto. Oggi la consociazione avviene invece con l’ulivo.
Negli anni ‘70 la coltivazione si è ampliata ed è uscita dal consumo familiare per arrivare alla commercializzazione e negli anni ’90 alla diffusione nei ristoranti. Nel giugno del 1993 si ha la prima menzione pubblica in un articolo di cronaca locale con la denominazione di "carciofo moretto", un nome attribuitogli dallo chef Tarciso Raccagni del ristorante Gigliolé di Brisighella.
In effetti, come già detto, il terreno argilloso è l’ideale per il carciofo, in particolare i calanchi. Le argille locali hanno molti elementi potassici che determinano le eccellenti qualità organolettiche del moretto.
Le file di solito sono distanti tra loro tra gli 80 e i 200 cm. Sulla fila le piante sono distribuite ogni 50/100 cm. La raccolta è manuale.
Un accorgimento importante per la gestione delle carciofaie è la tenuta del terreno ben fresato. Si trincia a fine estate, ma, dopo le piogge autunnali inizia a vegetare, e quindi è importante diradare la pianta tra fine febbraio ed inizio marzo. A fine marzo si pratica una concimazione con prodotti organici ricchi di azoto e potassio. Di norma la raccolta inizia a fine aprile (dopo il 20) e termina ad inizio giugno.
Il moretto si conserva comunemente sott’olio ed è consumato crudo prevalentemente durante la stagione produttiva.
La conservazione del prodotto è messa in pericolo dalla sua scarsa diffusione: le piante sono molto delicate e i migliori risultati, a livello organolettico, si ottengono sui terreni calanchivi, fragili e condizionati dalle condizioni meteorologiche avverse sia nella stagione invernale che in quella primaverile.
Si tratta di un’agricoltura eroica che ne impedisce una lavorazione industriale e rende particolarmente impegnativa la sua produzione e commercializzazione in grandi quantitativi.
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