Nella provincia di Taranto esiste una lunghissima tradizione oramai quasi scomparsa di produrre cacioricotta utilizzando il caglio vegetale estratto dai rametti dell’albero di fico.
Per realizzare il cacioricotta si usa il latte misto di capra e pecora che viene scaldato fino ad ottenere una leggera ebollizione. Dopodiché il riscaldamento viene interrotto e la massa si lascia raffreddare fino a raggiungere 80-85°, momento in cui si aggiunge il caglio vegetale ottenuto dal lattice dei rami di fico. I rami vengono presi, lavati, sminuzzati e lasciati macerare in acqua per un quarto d’ora; la soluzione ottenuta viene filtrata e usata per la caseificazione.
Questa tipologia di caglio facilita la caseificazione che avviene in pochissimi minuti e a cui segue il rassodamento. Quindi, si procede con la rottura della cagliata che viene poi rilavorata fino ad ottenere una grana delle dimensioni di un chicco di riso. Messo da parte il siero, la cagliata viene estratta e riposta nelle fiscelle; una parte della produzione si consuma già dopo qualche ora, senza essere sottoposta alla salatura mentre quello da stagionare rimane qualche giorno in più nelle fiscelle. Dopodiché si estrae da queste e si sala a secco, cospargendo di sale grosso entrambi i lati. Si pone in salamoia all’interno di locali freschi dove raggiunge in una decina di giorni la consistenza adatta per essere grattugiato.
Quando il cacioricotta è fresco si consuma come formaggio da tavola; a seguito di una breve stagionatura risulta invece ottimo per condire i piatti estivi a base di pomodoro fresco oppure gli stufati di verdura.
Alcune fonti stabiliscono che il cacioricotta al fico sia molto legato al tarantino. Nel Catechismo Agrario del 1793 redatto da G.B. Gagliardo, l’autore parla della produzione di cacioricotta che avveniva in estate quando il latte delle pecore ormai gravide perdeva sostanza e risultava inadatto ad altri formaggi.
Oggi la produzione di cacioricotta usando il lattice di fico sta scomparendo e sempre meno aziende lo producono seguendo questa antica usanza, scegliendo di non omologarsi alla produzione industrializzata.
L’attività di ricerca necessaria a segnalare questo prodotto nel catalogo online dell’Arca del Gusto è stata finanziata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale del Terzo Settore e della Responsabilità Sociale delle Imprese – avviso n° 1/2018 “Slow Food in azione: le comunità protagoniste del cambiamento”, ai sensi dell’articolo 72 del codice del Terzo Settore, di cui al decreto legislativo n 117/2017
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