Il bikalga è un condimento che si ricava dalla fermentazione dei semi dell’Hibiscus sabdariffa, chiamato “oseille” in Burkina Faso, una specie nativa dell’Africa occidentale.
Questa pianta viene tradizionalmente coltivata e curata dalle donne, che di solito possiedono ognuna un proprio campo di “oseille” dove questi alberi fungono anche da recinzione naturale.
Bikalga è il suo nome in dialetto mooré mentre in dialetto bwamou si chiama papo e in Niger si può trovare sotto il nome dawadawa botso.
Come il soumbala, un altro condimento ricavato dalla fermentazione dei semi di néré (che si trova anche sull’Arca del Gusto), il bikalga è uno dei condimenti tradizionali più popolari della cucina burkinabé. Si usa per insaporire le salse del to, un piatto tradizionale del popolo Mossi, del boalboala, una sorta di couscous di farina di miglio, per arricchire i piatti di riso, e nelle salse e zuppe in generale.
Per condire si possono usare sia i semi che le foglie, ma il bikalga si prepara tradizionalmente solo con i semi: vengono prima lavati, poi cotti per un minimo di 12 ore. Si filtrano quindi i semi cotti e poi si lasciano a fermentare per qualche giorno, a questo punto si schiacciano e si rimettono a fermentare. Alla fine del processo di fermentazione, si lascia il composto ad essiccare. Si formano quindi delle palline che si fanno friggere. Le palline ottenute sono di colore scuro e hanno un profumo molto intenso. Al momento del consumo si sciolgono nell’acqua che verrà usata per cucinare.
Alcuni popoli come i Bissa usano il bikalga anche per curare infezioni degli occhi e problemi intestinali. Come gli altri condimenti tradizionali, il bikalga subisce la forte concorrenza dei dadi industriali, più facili da utilizzare.
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