Rispetto all’aglio tradizionale, i bulbi che si ottengono dell’aglio elefante o aglio gigante sono di grosse dimensioni, ma hanno un numero ridotto di spicchi, generalmente da 1 a 6.
É una pianta rustica che si adatta a tutti i terreni, anche se predilige quelli sciolti, e che non necessita di particolari cure. L’aglio elefante è molto delicato e digeribile, così come le sue sue foglie e le sue infiorescenze, anch’esse utilizzate in cucina.
L’aglio elefante si semina manualmente, preferibilmente da fine ottobre a metà novembre, con spicchi distanziati circa 10-15 cm. Le fila sono distanziate 60-70 cm per permettere gli interventi di controllo meccanico delle infestanti. Dalla fine di aprile all’inizio di maggio inizia la fioritura dell’aglio con l’emissione di un lungo scapo fiorale che necessita di essere asportato prima che lignifichi: in questa fase l’aglio elefante assomiglia molto ad un porro. Dalla seconda metà di giugno l’aglio inizia a seccare, e, a inizio luglio, è pronto per essere raccolto. La raccolta deve avvenire prima che piova sulla coltura ormai secca, poiché una bagnatura degli steli secchi ne comporta la successiva disgregazione delle “guaine” che contengono gli spicchi causandone la separazione la conseguente perdita di prodotto. Le piante, raccolte intere, si fanno seccare ulteriormente per un paio di settimane. L’aglio si conserva in locali asciutti al buio.
La ricerca svolta dall’Istituto agrario Persolino-Strocchi di Faenza in collaborazione con la San Vitale Società Cooperativa sociale di Ravenna, ha permesso di risalire alla storia della riproduzione dell’aglio gigante o aglio elefante in questa zona, e di arrivare al signor Pietro Bentini, un ortolano hobbista oggi scomparso, che lo coltivava nel suo orto con metodo biologico. A suo avviso, questa varietà di aglio non necessitava di alcun intervento di concimazione o trattamento, essendo molto resistente e non temendo la competizione con le erbe infestanti. Bentini raccontò di come coltivasse questa tipologia di aglio sin dalla gioventù, su consiglio di un anziano agricoltore che all’epoca gli aveva fatto dono dei bulbi.
Oggi, e da almeno un secolo, questa varietà è presente in quantità molto limitate, coltivata dalla Cooperativa Sociale San Vitale di Ravenna.
Anche se agli con caratteristiche simili si possono trovare in varie parti del mondo, dalla Nuova Zelanda al Sudamerica, ma anche in Italia, e ne è esempio l’aglione della Val di Chiana in provincia di Arezzo, la varietà descritta è un clone presente e riprodotto nel territorio da oltre un secolo e pertanto meritevole di salvaguardia e valorizzazione.
L’attività di ricerca necessaria a segnalare questo prodotto nel catalogo online dell’Arca del Gusto è stata finanziata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale del Terzo Settore e della Responsabilità Sociale delle Imprese – avviso n° 1/2018 “Slow Food in azione: le comunità protagoniste del cambiamento”, ai sensi dell’articolo 72 del codice del Terzo Settore, di cui al decreto legislativo n 117/2017.
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