Varietà coltivata (o cultivar)

La varietà (o la cultivar) è un insieme di piante coltivate, distinguibili chiaramente per caratteri morfologici, fisiologici, chimici, qualitativi, ecc….
La varietà è stabile, e quindi conserva i propri caratteri distintivi anche quando si riproduce (attraverso il seme o attraverso parti vegetali, come la talea e il bulbo).
Sono definite autoctone o locali, le varietà bene identificabili, che usualmente, hanno un nome locale. Di solito, sono il frutto della selezione di singoli agricoltori o di comunità contadine, sono caratterizzate da un buon adattamento alle condizioni ambientali di un territorio (e di conseguenza sono più rustiche, più resistenti agli stress e hanno bisogno di meno input esterni: meno acqua, meno fertilizzanti, ecc.) e sono strettamente legate alla cultura di una comunità (agli usi, le ricette, i saperi, i dialetti…).
Ad esempio, sono varietà autoctone: la mela Carla (Italia), i fagioli marroni dell’isola di Öland (Svezia), il cavolo di Lorient (Francia), la rapa di Akka (Giappone), e così via.
In Europa le varietà autoctone tendenzialmente sono iscritte in registri nazionali (e, automaticamente, in un catalogo ufficiale europeo) per iniziativa del Ministero, delle Regioni, oppure su richiesta di altri enti pubblici, istituzioni scientifiche, associazioni, o anche singoli cittadini e aziende (previo parere favorevole della Regione o dell’ente competente per quel territorio).? Le varietà sono iscritte dopo un periodo di valutazione (che in Italia, attualmente, dura due anni). La registrazione è una forma di tutela pubblica e non ha nulla a che vedere con il brevetto (che è invece una registrazione privata, che prevede un monopolio sull’uso e la vendita del materiale di propagazione).